Fondi, non solo consegne di cibo ora si scommette sull’agricoltura 4.0
Fra 2017 e 2018, 2,5 miliardi investiti nel primario. Crescono le start up italiane
Potrebbe essere definita la nuova generazione degli imprenditori agricoli europei. Produzione (Tropic Biosciences, ecorobotix, Infarm), trasformazione (Huel, Allplants, Mosa Meat) e, certo, distribuzione (Glovo, Picnic, Kolonial.no), anche se la novità sta proprio nel cambiamento del peso specifico della parte che sta a monte rispetto alla valle della filiera agroalimentare.
Il rapporto «The State of European Food Tech 2018», realizzato da Dealroom in collaborazione con il fondo franco-bolognese Five Seasons Venture, fotografa il passaggio dell’attenzione, da parte dei principali operatori di venture capital internazionali, dal comparto delle consegne della cena a domicilio, su cui dal 2013 a oggi è stata investita la metà dei 6,5 miliardi di euro circolati nell’eurozona (pur presentando l’1% dell’intera catena del valore), a quel gruppo (per la verità sempre più nutrito) di start up che stanno provando a innovare forse i più tradizionali fra i comparti economici europei: l’agricoltura e l’industria della trasformazione alimentare.
Il cambio di rotta è evidente, soprattutto se si paragonano gli investimenti in genetic breeding (il miglioramento genetico dei capi di bestiame), in agricoltura di precisione e in robo-farming relativi al periodo 2017-18 con gli anni precedenti. Lo studio divide il settore, che noi definiremmo “agricoltura 4.0”, in tre sottocomparti.
Per quanto riguarda la produzione di derrate alimentari vera e propria si è passati da 104 milioni investiti nel 2016 ai 252 del 2017 ai 250 dei primi dieci mesi dell’anno in corso. Fra i campioni di raccolta, l’olandese Protix Biosystems (45 milioni) che si occupa di farine iperproteiche a base di insetti, la catalana Nice Fruit (35 milioni) che sta sviluppando una nuova tecnologia per conservare e refrigerare la frutta, e la tedesca Infarm (25 milioni) che realizza serre indoor. Nella trasformazione del cibo, si è invece passati dai 175 milioni del 2016 ai 387 del 2017 ai 400 di fine ottobre 2018. Qui spicca l’iniezione monstre di 100 milioni al birrificio artigianale scozzese Brewdog.
Infine il comparto distribuzione e consumo, in cui dai 440 milioni del 2016 si è passati ai 605 del 2017 e ai 640 dell’anno in corso. In questo caso le tranche si fanno più importanti: 115 a Glovo, 100 milioni al supermaket online Picnic di Amsterdam, 30 al suo omologo norvegese Kolonial.no e 28 alla britannica Gousto, un sistema di consegna degli ingredienti per cucinarsi una cena gourmet.
«I dati mostrano come il foodtech — ragiona Niccolò Manzoni, partner di Five Seasons — sia una settore in rapida crescita. E, se la prima ondata è stata rappresentata dal cosiddetto food delivery che comunque continua a essere importante, oggi vediamo crescere e maturare una nuova generazione di imprenditori legati alla filiera agroindustriale». Per Manzoni e per il suo socio Ivan Farneti, sta insomma accadendo ciò che è già avvenuto nel fintech, dove dopo un iniziale disallineamento fra nuovi e vecchi operatori (cioè le banche e le assicurazioni tradizionali), l’avvicinamento ha creato inedito valore. «In agricoltura — spiega Farneti — i processi di concentrazione societaria che stiamo registrando a livello globale portano a una riduzione delle attività interne di R&D e a un bisogno sempre più chiaro di trovare all’esterno le soluzioni innovative. Per quanto riguarda l’industria di trasformazione, invece, la crescita d’appeal delle realtà più piccole e a chilometro zero rende necessario per i marchi tradizionali cercare nuove idee nell’open innovation. Penso ad esempio al colosso della carne Usa Tyson Foods che sta acquisendo società che producono proteine alternative e sostenibili».
E l’italia? L’1% come peso finanziario ma il 12% per quanto riguarda le operazioni. «È il segno — conclude Manzoni — che i piccoli investitori locali iniziano a crederci veramente. Un embrione che lascia ben sperare per il futuro».
L’analogia
Come le banche nel fintech, le aziende tradizionali puntano sul foodtech per innovare