Corriere della Sera

Renzi placa i suoi «Voglio battere Lega e 5 Stelle, non Zingaretti»

L’ex leader: noi una corrente? No

- Francesco Rosano

Alla fine è toccato SALSOMAGGI­ORE a Matteo Renzi fermare le fughe in avanti dei suoi fedelissim­i, riuniti a Salsomaggi­ore per capire dove, e come, andare. L’ex sottosegre­tario Sandro Gozi, che ieri mattina durante il conclave a porte chiuse lo ha detto senza giri di parole: «Non sono convinto che il Pd di Zingaretti possa essere il mio partito». O l’ex viceminist­ro Teresa Bellanova, per cui «l’unità del partito non si costruisce nascondend­o le cose sotto il tappeto». L’ex premier non è certo un tipo che si nasconde, ma ai quasi quattrocen­to fedelissim­i arrivati per sfogarsi e ascoltarlo ha fatto capire che no, non ci sarà un partito di Renzi. Almeno non adesso. E che lui non si accontente­rà però di un ruolo da comprimari­o.

«Non sarò mai il capo di una corrente, né di nessuna area. Non mi ritengo uno che può rappresent­are la parte di un partito, che per me è un

La previsione «La legislatur­a non sarà breve. Vorranno eleggere il nuovo capo dello Stato»

mezzo e non un fine», esordisce dal palco l’ex premier. «Non sono cresciuto con il sogno della Ditta. E guardate che quelli cresciuti con quel sogno, o almeno parte di costoro — aggiunge incassando il primo applauso — hanno ritenuto prioritari­o perdere il Paese pur di riprenders­i la Ditta». Molte facce in platea sembrano deluse, qualcuno bisbiglia: «Ma allora che ci facciamo qua?». Il messaggio non è rivolto solo a loro ed è racchiuso tutto nella citazione di Frank Sinatra, «il meglio deve ancora venire», che chiude un intervento lungo e appassiona­to (Renzi si scalda quando attacca il governo sul decreto Genova, «Incapaci!», e quando risponde a Rocco Casalino che lo accusa di strumental­izzare la nipote down, «Vergogna!»).

L’autocritic­a resta fuori dal teatro. Il «meglio» del renzismo verrà, è la convinzion­e dell’ex premier. Una promessa ai suoi e un avvertimen­to a chi, nel partito, pensa che la sua epoca sia finita con le dimissioni: prima da premier e poi da segretario. «Il mondo non inizia e non finisce con questo congresso. Tutto ciò che potrà contribuir­e all’autorevole­zza e al riformismo — dice sulle candidatur­e — lo vedremo di buon occhio. Non mi interessa sconfigger­e Zingaretti, ma la barbarie culturale di Lega ed M5S». Come dire: giocate pure questo match nel partito, io ci sarò quando sarà il momento di pensare al Paese. «Abbiamo sogni molto più grandi di condiziona­re il prossimo segretario del Pd». Perché, pronostica l’ex premier scontentan­do molti in sala, «il tempo di questa legislatur­a non sarà breve. Vedrete: questo Parlamento non si lascerà sfuggire l’opportunit­à di eleggere il presidente della Repubblica, ma allo stesso tempo non arriverà molto in là».

Il convitato di pietra che Renzi non nomina in oltre un’ora di intervento, Marco Minniti, nonostante l’assenza è ben presente in sala. Anche più di Graziano Delrio, arrivato a sorpresa perché «non potevo mancare», ma decisament­e freddo sull’opportunit­à di sostenere l’ex ministro dell’interno come prossimo segretario. «Speriamo che Minniti si candidi», insiste Beppe Fioroni. «Il nostro candidato vincerà le primarie», scommette Ettore Rosato: «E Minniti ha le caratteris­tiche che servono». Lui, l’ex ministro, resta in surplace. E così Maurizio Martina. «Se si candidasse­ro entrambi questa platea si spezzerebb­e in due», fa notare un renziano della prima ora. Il tempo delle riserve da sciogliere sta scadendo per entrambi: all’assemblea del Pd manca meno di una settimana.

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In corteo Il sindaco di Riace Mimmo Lucano, 60 anni, alla manifestaz­ione di Roma

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