Crowe piange il Signor Caffè l’italiano ucciso dal terrorista
Melbourne, il barista colpito mentre cercava di aiutare l’assalitore
Sorridente dietro il banco, con lo strofinaccio sulla spalla, mentre insegue i clienti con l’ultima fetta di torta di mandorle o in posa per i turisti accanto a Nino Pangrazio, suo socio per 44 anni, sulla porta del Pellegrini’s Bar. «Proprietari non è la parola giusta — diceva Sisto Malaspina — Siamo custodi, i custodi di un posto bellissimo». E può davvero essere questo distinguo sottile a spiegare il segreto di una certa italianità e l’amore che una città intera e lontana nutriva per il suo «signore del caffè», la fiducia che ispirava quell’hardworking Italian immigrant arrivato diciottenne in Australia inseguendo il fratello e il cugino in cerca di fortuna.
Amore che ora si riflette nello strazio sbigottito per la sua scomparsa: Sisto Malaspina, 74 anni, è morto nell’attacco terroristico di venerdì pomeriggio, accoltellato da Hassan Shire Ali nel cuore di Melbourne. Proprio in Bourke Street, la strada del Pellegrini’s Bar, ex tavola calda dove negli anni Cinquanta era arrivata la prima macchina dell’espresso italiano. Sisto e Nino avevano rilevato il locale nel 1974: «Abbiamo assistito a tanti cambiamenti, ma ne abbiamo adottati pochi». Le piastrelle a scacchi, il menù di pasta, gli ingredienti freschi, la qualità del caffè, il telefono a gettoni che ha funzionato fino al 2016. «Questo posto è la mia vita, e ci lavoro 70 ore alla settimana, come 45-50 anni fa». Lo raccontava nelle interviste, quando gli chiedevano il segreto dell’ospitalità. Non è un caso che Sisto venerdì pomeriggio fosse da quelle par- ti, anche se avrebbe dovuto prendere servizio soltanto la sera. E’ stato uno dei primi ad accorrere là dove c’era un’auto in fiamme. Non è scappato, anzi. Alcuni testimoni hanno raccontato che si è avvicinato per dare un mano. Invece l’uomo della macchina non era una vittima ma l’assalitore. Ha attaccato il suo soccorritore al collo, «proprio sopra la clavicola» ha raccontato un’infermiera che passava di lì e ha cercato inutilmente di rianimare Malaspina sdraiato sull’asfalto. «Il coltello ha colpito un’arteria» ha detto la donna ai giornali. «Gli ho pulito la fronte dal sangue, aveva una faccia così bella».
E così tutto il mondo scopre che il Pellegrini’s Bar e il suo «signore del caffè» erano un’istituzione a Melbourne, metropoli con oltre 4 milioni di abitanti di cui 300mila di origine italiana. Un avviso all’entrata avverte che «a causa di un incidente» il bar riaprirà lunedì 12. Ieri un mare di mazzi di fiori ha avvolto il locale. Sotto le vecchie insegne al neon donne in lacrime, palloncini di bambini, il messaggio dei dipendenti al loro Best Boss («Ci trattavi come familiari»), le firme di politici di governo e d’opposizione nel libro delle condoglianze. «Per molti sono una specie di nonno», diceva lui. «Era come lo zio preferito» racconta Russel Crowe ricordando l’amico su Twitter: «Sisto, il mio cuore si spezza», scrive l’ex Gladiatore in italiano. «Venivo a Melbourne per il gusto di vederti. Quando ci siamo conosciuti, ero un attore di teatro mal pagato, e tu mi trattavi come un principe».
«Era l’uomo più felice del mondo» dice Nino, il suo socio. La prima nipotina era arrivata dieci giorni fa. L’isis ha rivendicato l’attacco. Ma più che una vittima dell’odio, più che il proprietario di un bar lontano, è giusto ricordare Sisto Malaspina come il gioioso custode di un certo modo di accogliere gli altri, di farli stare bene. ● Malaspina, 74 anni, era il titolare del Pellegrini’s Bar, uno dei locali più conosciuti di Melbourne. Caffè espresso e cucina italiana, pochissimi cambiamenti nel corso degli anni, ingredienti di qualità
● Sisto aveva rilevato la vecchia tavola calda nel 1974 facendone un locale di culto. Per Nino Pangrazio, socio da sempre, era «l’uomo più felice del mondo, che sapeva accogliere tutti» coinvolgere le forze armate in Yemen fino a una specifica autorizzazione del Congresso. Infine, giovedì scorso si è tenuta presso l’assemblea nazionale a Parigi la prima «Conferenza interparlamentare per la pace in Yemen», conclusa con l’adozione di una Dichiarazione che ho firmato insieme ad altri 45 parlamentari di Francia, Regno Unito, Italia, Germania, Paesi Bassi, Canada e Stati Uniti. La dichiarazione contiene la richiesta per un cessate il fuoco immediato e il ritorno ai tavoli negoziali e, soprattutto, l’impegno a promuovere nei rispettivi parlamenti delle mozioni per sospendere le forniture di armi a tutti i Paesi coinvolti nel conflitto. A fronte delle resistenze dei governi, i parlamenti uniti possono ottenere risultati. Importante poi che l’iniziativa sia stata promossa proprio da alcuni parlamentari de La République En Marche!, il partito del presidente Macron, uno dei più riluttanti sull’embargo.
In questo scenario nuovo l’italia non può stare a guardare. Siamo da sempre un Paese convinto che la pace non si possa imporre ma si debba promuovere solo attraverso sforzi di mediazione internazionali. Cominciamo unendoci a questa iniziativa per togliere combustibile e munizioni alla guerra in Yemen. *capogruppo del Partito democratico in commissione Esteri della Camera