Mai scoraggiarsi, imparare dagli errori, rilanciare e insistere Il confronto tra 1.500 laureati del Politecnico di Milano
colleghi, Lorenzo Ferrario, ingegnere spaziale dal 2014 cerca il punto di equilibrio: «Ho un programma che deve andare avanti, una scadenza per la consegna e bisogna arrivare per forza in tempo. Si passano le notti a sistemare le cose».
In ogni caso con successo, visto che il giovane ingegnere occupa attualmente il ruolo di direttore tecnico di una delle start-up italiane più innovative, la D-orbit (servizi e soluzioni per lo Spazio, come la rimozione di vecchi satelliti), ed è stato inserito dalla rivista Forbes tra i 30 under 30 europei più influenti del 2018.
Si può fallire sulla tempistica: «Mi è capitato con il lancio di prodotti che erano troppo in anticipo sul mercato — racconta Laura Gillio Meina che, dopo la laurea nel ‘92 in ingegneria elettronica, si occupa della commercializzazione di dispositivi medici da impianto — abbiamo perso tanti soldi, ma abbiamo aiutato il mercato a svilupparsi». Un caso di fallimento costruttivo, come esperienza di crescita.
Giulia Baccarin, laureata in ingegneria biomedica nel 2005, strappa applausi quando avverte che il vero fallimento degli italiani è cercare la loro riuscita all’estero: «Sono convinta che si possano fare grandi imprese anche qui» testimonia. E nessuno può essere più d’accordo con lei del rettore del Politecnico, Ferruccio Resta: «Un’università comincia a fallire quando non attrae più capitale umano, studenti, ricercatori, e quando la politica dell’istruzione si allontana».