SU IRAN, MESSICO E CINA SI GIOCA IL FUTURO DI TRUMP
N elle elezioni di Midterm i democratici si sono assicurati il controllo della Camera, andando a scalzare in modo incisivo l’equilibrio del potere politico. Se il partito repubblicano del presidente Trump ha rafforzato la sua presa sul Senato, oggi i democratici, per la prima volta negli ultimi due anni, hanno riconquistato un vero potere.
Questo risultato non è stato in modo preponderante un ripudio del presidente e del suo partito, come quello sancito dagli elettori contro i democratici di Barack Obama nel 2010, sebbene anche il voto di protesta abbia avuto un certo peso. In misura molto maggiore rispetto a Obama e ad altri presidenti del passato, Donald Trump ha invitato gli elettori e i mezzi di comunicazione a far passare queste elezioni come un referendum sul suo operato.
Come si prospetta il futuro per Trump? Innanzitutto dovrà aspettarsi pressioni politiche molto più incisive da parte del partito di opposizione. Con la loro maggioranza alla Camera, i democratici oggi vantano nuovi poteri che consentiranno loro di indagare sul presidente, ottenere accesso alla Casa Bianca e ai documenti personali di Trump che potrebbero causargli spiacevoli imbarazzi e costringere i funzionari della sua amministrazione, forse addirittura alcuni membri della sua famiglia, a testimoniare sotto giuramento davanti al Congresso su una lunga lista di quesiti.
Non mancheranno inoltre le pressioni sulla maggioranza democratica alla Camera affinché vengano avviate le procedure di impeachment, soprattutto se si pensa al numero senza precedenti di esponenti del partito democratico che annunceranno la loro candidatura alla presidenza nel 2020, e che saranno animati dal desiderio di farsi notare dall’elettorato democratico esprimendo forti critiche su un presidente impopolare. È molto probabile che i democratici aspetteranno che Robert Mueller, il procuratore speciale che indaga sul Russiagate, renda nota la sua relazione su una possibile congiura
Confronto
In patria «The Donald» dovrà reagire a pressioni molto più incisive da parte dei democratici
criminale tra la campagna presidenziale nel 2016 e il governo russo, e sul fatto che Trump abbia ostacolato il corso della giustizia durante l’inchiesta. A seconda delle conclusioni a cui giungerà Mueller, sarà comunque difficile per i democratici ignorare le pressioni per mettere sotto accusa il presidente e puntare all’impeachment.
Il presidente risponderà certamente a queste critiche con la sua tipica spavalderia, e nel tentativo di dimostrare la sua incrollabile virilità politica potrebbe andare a cercare capri espiatori all’estero (o in politica interna). I candidati di spicco per questo ruolo sono l’iran, il Messico e la Cina, anche se riserverà il suo atteggiamento aggressivo e battagliero persino contro gli alleati storici degli Stati Uniti, sia in Europa che altrove.
L’iran si è rivelato un bersaglio scontato per l’approccio ostile di Trump in politica estera. Il suo desiderio di distinguersi da Obama, che considerava l’accordo nucleare con l’iran uno dei suoi più grandi successi, sarà un tema ricorrente nell’approssimarsi della campagna elettorale del 2020.
Il Messico è un altro paese costantemente preso di mira dalle bordate di Trump. La sostituzione del vecchio trattato commerciale Nafta con il nuovo accordo Usmca, stipulato con Canada e Messico, per fortuna è arrivata in tempo per eliminare almeno un oggetto del contendere. Ma la certezza del presidente che l’immigrazione illegale saprà assicurargli a lungo il sostengo della sua base elettorale contribuirà a mantenere sulle spine il governo del nuovo presidente messicano, Andrés Manuel López Obrador.
La Corea del nord forse riuscirà a sottrarsi alle pressioni di Trump. Il presidente potrebbe lanciare nuovi ammonimenti per costringere Kim Jong-un a offrire concessioni in grado di far avanzare i negoziati sulla denuclearizzazione, ma proprio come Trump è convinto che a Obama appartenga la paternità dei rapporti Usa-iran, allo stesso modo sa benissimo che spetta a lui disarmare la Corea del nord. Non ci sarà nessuna ammissione di fallimento dei negoziati, perché Trump sta già sti- lando la lista dei suoi successi da presentare alle prossime elezioni.
Per finire, molti sono i motivi per cui la guerra commerciale con la Cina si protrarrà anche nel prossimo anno, qualunque siano i tentativi di ricomposizione che Trump e il presidente cinese Xi Jinping potrebbero annunciare nel frattempo. Tra i fattori determinanti, ricordiamo la volontà di Trump di persuadere gli elettori negli stati manufatturieri, assolutamente cruciali per il suo sostegno politico, che saprà costringere la Cina a siglare importanti concessioni commerciali. E per mantenere la linea dura contro Pechino a Trump occorrerà un consenso totale in seno al governo. La Cina, dal canto suo, potrebbe anche decidere di aspettare la sua uscita di scena. Kim Jong-un ha già incarnato il miglior modello su come si fa per sviare le pressioni di Trump nei prossimi due anni: sfoderando sorrisi, offrendo accordi in linea di massima, rimandando i negoziati con gli Usa, e aspettando la sconfitta di Trump nel 2020. Ma non bisogna sottovalutare il talento politico di Trump; non dimentichiamo che molti presidenti, tra cui Obama, sono riusciti a risalire la china dalle sconfitte di metà mandato per farsi eleggere una seconda volta, e spesso con una certa facilità.
È una mossa rischiosa, ma per qualunque governo che si trovi nel mirino di Trump in questo momento, non potrebbe esserci strategia difensiva più efficace.
(traduzione di Rita
Baldassarre)