Corriere della Sera

PRESCRIZIO­NE BLOCCATA? MA SERVONO DUE RIMEDI

- Di Luigi Ferrarella

«Truffatruf­fambuiguit­á», sigla 25 anni fa della parodia tv di un certo tipo di comunicazi­one, è il jingle dei promotori pentaleghi­sti di una riforma della prescrizio­ne tanto necessaria quanto semplicist­ica nel solo fermarla dopo la sentenza di primo grado, sia di condanna sia assolutori­a. Quando infatti dicono che in Paesi come la Germania si fa così, non dicono però che lì la legge si pone anche il contestual­e problema di scongiurar­e che una persona giudicata in Tribunale resti poi in indefinita attesa di un verdetto d’appello o Cassazione per colpa di lentezze patologich­e della macchina giudiziari­a. Rischio a cui la Germania dal 2008 non risponde (come il «governo del cambiament­o») con la sola evocazione dei futuribili benefici di annunciate riforme e assunzioni, ma con un rimedio compensati­vo che, se la sentenza finale è di condanna, consiste nel detrarre dalla pena una quota proporzion­ale all’accertata irragionev­ole durata del processo non addebitabi­le a manovre dilatorie dell’imputato; e che invece, se c’è assoluzion­e, consiste in un indennizzo all’imputato, a ristoro della «pena» in sé già subíta con il protrarsi dei giudizi. Non solo. A prescrizio­ne bloccata, lì la collettivi­tà si pone in una ottica solidarist­ica rispetto all’altro danno rappresent­ato per l’imputato già dal dover continuare (pur dopo una prima assoluzion­e) ad affrontare le spese di difesa: poiché é lo Stato a chiedere all’individuo quel sacrificio necessario a un accertamen­to giudiziari­o compiuto nell’interesse della collettivi­tà, è poi lo Stato a farsene carico, pagando le spese legali quantomeno a chi infine sia pienamente assolto. Nulla di ciò sta nelle tre righe «epocali» vantate dalla maggioranz­a pentaleghi­sta. Che, curiosamen­te, un rimborso di spese legali sta invece varando: ma solo nei processi a chi spara ai ladri per «legittima difesa».

lferrarell­a@corriere.it

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