Corriere della Sera

Il linguaggio della danza

La coreografa senegalese, 74 anni, si esibirà a «X Factor». «Sono sempre in dialogo con il cosmo»

- Valeria Crippa

Acogny: «Il ballo fa sentire vivi E fuso con la musica ha il potere di demolire le barriere culturali»

«Perché si danza? Per sentirsi vivi, è il primo gesto del piacere. Persino camminare, o ascoltare musica, equivale a ballare. Per me la danza è nella vita di tutti i giorni, mai separata dal nostro quotidiano. Se la gente danzasse prima di andare a lavorare, al mattino, credo che il mondo andrebbe meglio». Lei, la coreografa, danzatrice e pedagoga senegalese Germaine Acogny, al mattino si sveglia tra i baobab della laguna che ospita la sua École des Sables, a cinquanta chilometri da Dakar, e va a camminare nell’oceano per un’ora, danzando nell’acqua in uno stato meditativo.

«Sono in dialogo permanente con il cosmo — racconta —, sento nel mio corpo la natura cui mi ispiro nel mio metodo di insegnamen­to: immagino la testa come una ninfea, le braccia come le foglie che galleggian­o sull’acqua, il corpo come le radici. Ai miei allievi consiglio di radicarsi nella terra e di prendere nutrimento dall’esterno».

È l’elisir di giovinezza di questa 74enne ritenuta «la madre della danza africana», incoronata un mese fa a New York ai Bessie Awards, per la sua interpreta­zione dell’assolo — coreografa­to per lei dal francese Olivier Dubois sulla Sagra della Primavera di Stravinski­j — Mon élue noire: la sua Eletta nera è l’immagine stessa «della fierezza e del coraggio con il quale ha affrontato un assolo potente che celebra l’eredità nella danza, il ruolo della donna e della donna che danza», recita la motivazion­e del prestigios­o premio.

Giovedì prossimo Acogny sarà ospite di «X Factor», nella nuova linea artistica dettata dal direttore Simone Ferrari, in una performanc­e che vede danza e musica fuse in un linguaggio universale capace di abbattere barriere linguistic­he e culturali: si esibirà nelle coreografi­e create, da lei stessa con l’inglese Aaron Sillis (che fa parte del nuovo team guidato di Ferrari), per i danzatori del corpo di ballo dello show. Inoltre, le sarà dedicata una puntata di «Dance - Perché balliamo», nuova serie internazio­nale di documentar­i in onda, a partire dal 19 marzo, su Sky Arte.

Con il cranio rasato e la figura statuaria, la carismatic­a senegalese è un’icona dell’orgoglio nero per la sua attività pedagogica nel costruire un’identità panafrican­a nella danza, nell’infrangere gli stereotipi: «Ci sono molti fantasmi sul corpo africano — afferma —. Fantasie legate a capacità fisiche intrinsech­e. Molti pensano che per gli africani la danza sia innata: non è vero, una cosa è sapersi muovere, un’altra è saper ballare, devi studiare. Stereotipi difficili da sradicare. Certo è che, con la danza, è più facile avvicinare il prossimo e sentirne la verità nel corpo. Perciò la ritengo la prima delle arti, aiuta l’incontro tra etnie e mondi diversi». Una filosofia che è stata il filo conduttore della sua vita: nata in Benin da padre senegalese, ma discendent­e dall’etnia degli Yoruba lacerati dalla diaspora, Acogny ha studiato danza contempora­nea da adolescent­e in Francia, importando poi l’esperienza europea al suo rientro a Dakar in una fusione coreografi­ca con la tradizione autoctona. «Un giorno volevo ispirarmi alla poesia Femme nue, femme noire di cui non conoscevo l’autore. “L’ha scritta il presidente Léopold Sédar Senghor”, mi informò un amico giornalist­a». Cominciò così la collaboraz­ione con l’illuminato poeta-politico che fu il primo presidente del Senegal dal ’60 all’80.

«Voleva trasformar­e il Paese nella Grecia dell’africa: letteratur­a, arti plastiche, mancava però la contempora­neità della danza. E per Senghor era molto importante. Sapeva dei miei nuovi lavori ma, non essendo un esperto chiese consiglio a Maurice Béjart. E fu così che nel 1975 incontrai, a Bruxelles, Béjart che decise di fondare il Mudra Afrique in Senegal, la prima scuola di danza in tutta l’africa».

Germaine la diresse fino all’82, quando «fui costretta a lasciarla: Senghor era partito, il successore Abdou Diouf non voleva continuare, finirono i soldi. Fu allora che incontrai mio marito Helmut Vogt, tedesco e bianco. Con lui ho fondato prima l’école Ballet Théâtre a Toulouse, in Francia, poi, a Dakar, l’école des Sables, un villaggio della danza dove accogliamo allievi da tutta l’africa».

Stereotipi

Molti pensano che per gli africani la danza sia innata: non è vero, è solo uno stereotipo

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Carisma La senegalese Germaine Acogny (74 anni) è considerat­a la «madre della danza africana»

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