A 70 anni si può soffrire ancora di anoressia?
Anche se si tratta di una malattia tipica dell’adolescenza, non ha età e può comparire a 40 - 45 anni. Oppure diventare «cronica»
Persino bulimia e possono colpire anche chi non è più giovane? «Non ci sono età per soffrire di queste patrologie — risponde Stefano Erzegovesi — ma di buono c’è chi ne soffre non prova gli effetti dopanti del digiuno e può quindi essere più facile da curare. A meno che non si abbia a che fare con personalità dominate dall’impulsività, in cui la presenza di comportamenti multi-impulsivi -abuso di sostanze, autolesionismo - complica molto la cura». alle domande sui disturbi dell’alimentazione su
forumcorriere .corriere.it/ disturbialimentari
Ci scrive una signora di 73 anni, alle prese, con l’anoressia. Si definisce una donna «realizzata», ma con un peso «al limite». È soffocata da una serie di fissazioni: mai un invito a pranzo se non programmato (per digiunare per tempo), calcolo ossessivo delle calorie, abuso di diuretici.
Possibile che a settant’anni si soffra ancora di anoressia?
«Più che possibile — risponde Stefano Erzegovesi, responsabile del Centro per i disturbi alimentari dell’ospedale San Raffaele di Milano —. Quello descritto non è un caso isolato, ma è difficile che pazienti anziani arrivino all’attenzione dello specialista: se non si è affrontata la questione per anni e anni, è raro si decida di farlo nella terza età».
Ma l’anoressia non dovrebbe essere tipica dell’adolescenza?
«Sicuramente c’è un picco di casi tra i 15 e i 25 anni. Ci sono però anoressiche anche più giovani (tra gli 11 e i 15 anni) e non è affatto improbabile che la patologia compaia intorno ai 40-45 anni, magari in seguito a un lutto, un divorzio, a problemi con i figli, un licenziamento. Si tratta di persone o che hanno già avuto veri episodi di anoressia in passato o che hanno già un rapporto poco sereno col cibo, ipersalutiste magari, e l’evento negativo fa da detonatore per lo sviluppo di una vera e propri malattia».
Da questa malattia si guarisce?
«Gli studi ci dicono che nel 50% dei casi le persone recuperano una perfetta forma fisica e psicologica; nel 25% dei casi si sta molto meglio, come nel caso della signora che ci scrive. Ma restano sintomi residui (tendenza ad evitare certi alimenti, piuttosto che le situazioni conviviali); mentre nell’ultimo 25% i soggetti si cronicizzano, quindi continuano ad avere una sofferenza costante che impedisce di avere una sufficiente qualità di vita».
Cosa spinge verso i disturbi alimentari?
«È fondamentale non attribuire mai i disturbi alimentari a un unico motivo: che sia il desiderio di imitare le modelle che sfilano in passerella, piuttosto che l’amica fissata con la dieta. Nessun fattore di rischio, preso da solo, può causare l’anoressia. I principali elementi in gioco sono quattro: il patrimonio genetico, il carattere (per esempio il perfezionismo, tipico di ragazzine molto responsabili, che “sembrano molto più grandi della loro età”), le relazioni familiari e i modelli sociali di magrezza che oggi imperano, ma che non sono certo gli unici “colpevoli” e che hanno maggiore rilevanza nelle forme meno gravi».
L’anoressia è più diffusa tra le donne?
«Senza dubbio. Su 100 persone con anoressia, solo 10 sono maschi. E la spiegazione di questa differenza suona paradossale. Ci sono più donne anoressiche che uomini, perché le prime sono più forti. I maschi, dopo un po’ si fanno vincere dalla fame e tornano a nutrirsi, le donne proseguono con i digiuni, fino ad arrivare al momento in cui il loro corpo trasmette segnali simili a quelli che può dare il doping da sostanze eccitanti. Si tratta di un fenomeno fisiologico che ha permesso ai nostri antenati di sopravvivere nei momenti di carestia».
Ma perché l’effetto dopante del digiuno sarebbe riconducibile a un meccanismo di sopravvivenza?
«Se ho fame, molta fame, non posso permettermi di restare seduto anche se sono sfinito: debbo cercare qualcosa da mangiare, è quindi conveniente per la sopravvivenza della specie che la mancanza di cibo faccia salire il livello di dopamina, l’ormone dell’euforia legato alla sfera del piacere e al meccanismo della ricompensa. Le sensazioni innescate dal digiuno possono quindi arrivare a “piacere”. Un piacere che gli uomini più difficilmente raggiungono perché cedono prima e ricominciano a nutrirsi, ritrovandosi quindi senza quella spinta in più dell’effetto dopante del digiuno che spinge all’anoressia»
Tutta qui la spiegazione della diversa incidenza dell’anoressia tra maschi e femmine?
«No, ci sono altri fattori in gioco. Le ragazze in adolescenza affrontano un cambiamento fisico più repentino e visibile rispetto ai maschi e questo può contribuire ad innescare l’anoressia. Non accettano il loro nuovo aspetto. La pressione sociale, invece, contrariamente a quello che molti pensano, pesa sulle donne quanto sugli uomini. Ma i maschi, più che dell’anoressia, sono vittime della vigoressia, ovvero la fissazione per un corpo tutto muscoli che comporta diete restrittive, iperproteiche, abbinate a esercizio fisico portato all’eccesso e, purtroppo, uso di anabolizzanti, che devastano fisico e cervello».
Che cosa si può fare?
«Rispondo con le parole di una giovane: “ho bisogno di persone che capiscano, non mi assecondino, non mi giudichino”. Bisogna essere chiari con i pazienti: sappiamo che non stanno “facendo i capricci”, ma sono vittime di un’ossessione per il cibo, il peso e la forma corporea e l’ossessione, non curata,funziona come una cellula tumorale: cresce, magari lentamente, ma in maniera inesorabile e senza un
Cause
Il desiderio di imitare le modelle di solito non spiega da solo i disturbi alimentari