Tra gli «alleati» l’ora del grande gelo Il capo di FI cerca il malessere del Nord
Ai suoi spiega: più stiamo attaccati al Carroccio e più perdiamo consensi
Il grande freddo è diventato gelo, i contatti si sono interrotti e la tensione ha lasciato spazio a un’arrabbiatura che rischia di fare rima con rottura. Mai prima d’ora i rapporti tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini erano arrivati a questo punto, tra reciproci sospetti e dichiarazioni minacciose che incrinano il fronte di centrodestra in vista di Europee e Regionali.
Accusando il governo gialloverde di aver portato l’italia sulla soglia della dittatura, il leader di Forza Italia ha colpito con l’evidente intento di dividere Salvini da Di Maio. Le dichiarazioni dell’ex premier a margine del congresso dei Giovani azzurri sono un campo minato di avvertimenti e minacce. Quando Berlusconi scandisce che il vicepremier «si accorgerà presto di non poter tradire il programma di centrodestra presentato ai suoi elettori», in sostanza lo accusa di averlo già tradito. Quando rilancia il successo della piazza Sitav di Torino, ricorda al leader del Carroccio la delusione che serpeggia tra gli imprenditori del Nord. E quando infine strizza l’occhio al Pd, il presidente di Forza Italia disegna un fronte di opposizione più ampio e (lui spera) destinato ad allargarsi.
L’asprezza della replica dice che, questa volta, Berlusconi ha colpito nel segno, arrabbiato com’è perché da questo governo, è una delle preoccupazioni che lo assilla, non arriverà nulla di buono per le aziende editoriali. Salvini d’altronde sarebbe stufo di un alleato «interessato a parlare solo delle sue televisioni», come avrebbe confidato a un parlamentare amico. Per questo lo ha sferzato senza troppi riguardi, paragonandolo «ai burocrati di Bruxelles e ai frustrati di sinistra». Parole che hanno inviperito Berlusconi e scatenato la reazione dei parlamentari azzurri.
Il problema dell’inquilino di Arcore è che lui non può rompere, perché i numeri tra Camera e Senato non gli consentono di agire sull’onda dell’orgoglio. Però da un mesetto a questa parte la linea è cambiata e i toni si sono assai inaspriti. Un pressing destinato ad aumentare e che mira a spaccare l’«alleanza innaturale» tra M5S e Lega. Per portare avanti la sua crociata contro i pentastellati, che ritiene «peggio dei comunisti», il Cavaliere ha due alleati: i sondaggi e le imprese del Nord. Per la prima volta i sismografi della politica registrano la discesa della Lega sotto il 30%, segno che le tensioni e le contraddizioni in seno alla coalizione gialloverde cominciano a erodere il consenso. L’altro elemento che a Berlusconi non sfugge è la fibrillazione dei tessuti produttivi che hanno favorito la vittoria del 4 marzo. Gli imprenditori del lombardo-veneto hanno paura che il M5S riesca a fermare Tav e Pedemontana e potrebbero rilanciare il tam tam: Salvini molli Di Maio e Casaleggio e favorisca la nascita di un governo di centrodestra.
Nell’antica alleanza Berlusconi ci crede ancora, ma nella manovra ha visto appena «un sentore di flat tax» e «nessun investimento per la crescita» e, poiché si è convinto che «più stiamo attaccati alla Lega e più caliamo nei consensi», sta perdendo la pazienza.
Un nervosismo che filtra dalle dichiarazioni dei parlamentari. «Andremo in Europa coi nostri valori, lontani anni luce da quelli di Marine Le Pen», promette il padovano Marco Marin. E Deborah Bergamini rivela il sogno proibito di Berlusconi: tornare al voto, con un «centrodestra unito che sia l’alternativa al populismo dilagante».