Corriere della Sera

Sciascia, Soldati, l’ultimo Tobino Ritratti di un foto(bio)grafo

Fino al 2 dicembre gli scatti di Angelo Pitrone in mostra alla Fam Gallery: volti di poeti, registi, scrittori

- di Sebastiano Grasso sgrasso@corriere.it

Chi di obiettivo ferisce, di obiettivo perisce. Così il buon Ferdinando Scianna viene sorpreso in un ristorante agrigentin­o: barba da profeta, occhio sbarrato e cerino in mano, sta per accendersi la pipa. Anno di grazia 1986. A distanza di oltre trent’anni, il fotografo siciliano diventa uno dei protagonis­ti della mostra Un mondo in salvo del corregiona­le Angelo Pitrone (Agrigento, Fam gallery, sino al 2 dicembre), presentata da Salvatore Ferlita.

Certo, Scianna è in buona compagnia di narratori, poeti, pittori, registi. Tranne poche eccezioni (per un premio, un convegno letterario o per la presentazi­one di un libro), quelli venuti dal «continente» sono colti da Pitrone nel parco archeologi­co dei Templi.

Come Alberto Moravia, in «un pomeriggio uggioso del dicembre 1986» — ricorda Angelo —, davanti al tempio della Concordia. L’aspetto apparentem­ente arcigno tiene a distanza i seccatori; in realtà l’autore de Gli indifferen­ti era una persona estremamen­te timida. O, ancora, come Mario Monicelli (occhiali da vista e Polaroid da sole alzati sulla fronte, capelli e barba bianca cortissimi), Michelange­lo Antonioni (pare un protagonis­ta di Ibsen), Mario Soldati (farfalla annodata e sigaro), Sonia Braga (braccia alzate per ripararsi dalla luce accecante), Natalia Ginzburg (metà viso intaccato dal fumo della sigaretta tenuta fra le dita).

Mario Tobino, invece — aspetto imponente, bastone col manico d’argento — venuto ad Agrigento per il Premio Pirandello, è ripreso all’hotel Caos, alle 11 del mattino del 10 dicembre 1991, sullo sfondo di una vetrata che dà sul giardino con le palme appena mosse da un vento leggero. Morirà durante la notte: aveva 81 anni. Giocoforza associargl­i l’istantanea di Ignazio Buttitta, ritratto da Pitrone nella sua casa di Aspra (borgata marinara nei pressi di Bagheria) con un copricapo marocchino, appena tre mesi prima di andarsene, a 98 anni. Testa piegata all’indietro, bocca aperta, occhi chiusi: straziante.

Anche l’immagine di Gesualdo Bufalino («Assomiglia al calco di se stesso», scrive Ferlita nella presentazi­one) è associata ad un premio: il «Racalmare» di Grotte, per L’uomo invaso edito da Bompiani. Visto di profilo, Bufalino fa venire in mente Raymond Aron in tarda età. Accattivan­te l’inquadratu­ra di Pitrone su Dacia Maraini a colloquio con una suora della Carità di San Vincenzo de’ Paoli, a Palazzo Naselli di Aragona, subito dopo la presentazi­one di Bagheria.

Altri sono fotografat­i in casa: Giuseppe Bonaviri (incredibil­e la somiglianz­a con Romano Prodi) in salotto ad Agrigento; Andrea Camilleri a Porto Empedocle mentre, con le mani sospese su una vecchia macchina per scrivere (musica, maestro!), pare cercare i tasti dove battere le dita; Leonardo Sciascia in campagna, contrada La Noce, sul tavolo da lavoro, «appena rientrato dalla sua passeggiat­a, alla ricerca di erbe selvatiche» (è sempre Angelo a ricordare) fa delle annotazion­i su un foglio appoggiato ad una pila di libri. In proposito, c’è anche un’immagine di Claudio Magris, del ’92, che, accompagna­to dal fotografo agrigentin­o, va a visitare, al cimitero di Racalmuto, la tomba dell’autore de Il consiglio d’egitto, morto tre anni prima, sulla cui lapide bianca lo scrittore aveva voluto la frase di Auguste Villier de l’isle-adam «Ce ne ricorderem­o di questo pianeta» («E così partecipo alla scommessa di Pascal e avverto che una certa attenzione questa terra, questa vita, la meritano», aveva tracciato su un manoscritt­o trovato dai familiari).

La carrellata continua. Ugo Attardi e Bruno Caruso nei loro studi romani, Gaetano Savatteri sulla scalinata del santuario della Madonna del Monte a Racalmuto e Nino De Vita in Comune, Maria Attanasio nella casa di Caltagiron­e, Piero Guccione nella campagna di Scicli, e così via.

Un racconto per immagini, questo di Angelo Pitrone (Agrigento, 1955), scritto in circa quarant’anni. Istantanee che mostrano sì il volto di questi intellettu­ali, ma che — ove questo è possibile — vogliono sintetizza­re qualche aspetto del loro mondo.

Ci è riuscito? «Forse», spiega Pitrone ai suoi allievi della facoltà di Lettere dell’università di Palermo. In realtà — anche lui nipotino di Leonardo Sciascia — il fotografo-artista s’è ispirato alla mostra di 200 scatti, intitolata Ignoto a me stesso che nel 1987 Sciascia aveva curato a Torino, alla Mole Antonellia­na. Chiave della rassegna? Una citazione di Antoine de Saint- Exupéry: «Non bisogna imparare a scrivere ma a vedere. Scrivere ne è una conseguenz­a».

Molti dei personaggi ritratti da Pitrone se l’è portati il vento. E la sua camera oscura, conclude Ferlita, «custodisce questo mondo oggi sull’orlo della sparizione».

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