Lotta di classe e amori borghesi nell’inghilterra pre Sessantotto
Dal romanzo di Ian Mcewan, il matrimonio «difficile» tra Ronan e Howle
Marx avrà sorriso soddisfatto, dall’aldilà: le differenze di classe non sono finite e la loro lotta continua. Chesil Beach lo racconta come meglio non si potrebbe, facendoci vedere che anche nell’inghilterra della rivolta giovanile e del rinnovamento dei costumi (il film è ambientato nel 1962) la nascita vale più della cultura e può rovinare anche i matrimoni per amore.
Adattato dall’omonimo romanzo di Ian Mcewan e sceneggiato dallo stesso scrittore, il film racconta sostanzialmente poche ore della vita di Edward e Florence, quelle che passano dall’arrivo nell’albergo del Dorset scelto per consumare la loro prima notte di nozze (ecco il ridondante sottotitolo: Il segreto di una notte), costruito di fronte alla spiaggia di ciottoli di Chesil, fino al mattino dopo, quando i due avranno dato un’inaspettata svolta alla loro vita matrimoniale. Poche ore che, grazie ad alcuni flashback, ci fanno entrare nella vita e nella testa dei due protagonisti.
Edward (Billy Howle, che si era già fatto notare in Dunkirk) è il figlio di un preside di provincia, famiglia piccolissimo borghese salda e tradizionale con due sorelle gemelle minori, se non fosse per una madre (Anne-marie Duff) «cerebrolesa» per via di un incidente con la portiera di un treno, che ha accentuato le sue passioni per l’arte e per Paolo Uccello. Così, quando Edward scopre che nessuno in famiglia sembra interessato a congratularsi con lui per aver avuto la lode all’esame di laurea, si mette a bighellonare nella vicina Oxford fino a inscavare contrare, dopo qualche abbondante bevuta di birra, una giovane militante antinucleare, Florence (Saoirse Ronan).
Questo è uno dei flashback che illustrano come è nato questo amore che sembra sfidare ogni convenzione. Perché la famiglia di lei è di ben più alta classe, con una madre (Emily Watson) ferocemente attenta alle differenze sociali e un padre (Samuel West) evidentemente geloso della figlia. La quale per contrasto ostenta scelte socialistoidi mentre coltiva con determinazione la sua passione per il violino e il suo ruolo leaderistico nel gruppo da camera in cui suona.
L’abilità di Mcewan nello dentro l’animo dei suoi personaggi è fuori discussione: qui viene assecondato da due interpreti perfettamente a loro agio nel restituire l’attrazione che provano e insieme la paura di un legame che sfida troppe convenzioni (sociali, ma anche culturali e sessuali) e che la regia di Dominic Cooke (grande esperienza a teatro ma qui al suo film d’esordio) illustra con scolastica correttezza.
Il fascino del film è in questo continuo gioco d’intelligenza tra gatto e topo (dove ognuno assume alternativamente l’una o l’altra parte), in uno scambio di dolcezze e punzecchiature, imbarazzi e desideri, reticenze e confessioni da cui pian piano emergono i nodi che legano i due neo-sposi e però frenano il raggiungimento del loro obiettivo. Che passa attraverso le differenze di classe ma anche una paura del sesso che non sembra nemmeno immaginare l’imminente rivoluzione sessantottina.
Il cuore del film è proprio in questo legame sempre più stretto tra ambizioni e repressioni, paure e voglie, dove trovano spazio lo snobismo classista della madre di lei e la tranquilla concretezza del padre di lui, l’idea di matrimonio come «sistemazione» (come forse immagina Edward) e quella come «ribellione» (come sicuramente pensa Florence), le gelosie retroattive di lei e gli imbarazzi matrimoniali di lui, il peso di un suocero che fa cadere dall’alto un possibile lavoro per il genero e il sogno di una carriera musicale che finisce sempre per rimarcare la sua implicita superiorità. Per sottolineare che le classi e le loro differenze esistono, eccome.
Peccato solo che lo sceneggiatore Mcewan senta il bisogno di «tradire» lo scrittore Mcewan, inventando un doppio finale, prima nel 1975 e poi nel 2007, dove un pessimo trucco non invecchia i due protagonisti ma li trasforma in pupazzi senz’anima, rischiando di disperdere quello che nell’ora e mezza precedente il film aveva sapientemente costruito.
Nel doppio finale temporale un pessimo trucco non invecchia i due attori ma li trasforma in pupazzi senz’anima