La Roma forza 4 C’è più Sassuolo travolge la Samp che Lazio Due rigori È il primo pari cancellati dalla Var dei biancocelesti
L’atalantino Gianluca Mancini, 22 anni, realizza il 2-1 con un colpo di testa. Per l’inter è la terza sconfitta in questo campionato (Afp) (Ap)
ROMA Il gioco di squadra paga sempre. È una legge semplice del calcio, che funziona sia per i giocatori che per gli arbitri, come Romasampdoria ha dimostrato ampiamente. I giallorossi hanno vinto 4-1 — risultato troppo severo per la squadra di Giampaolo, che ha sofferto l’assenza di Barreto e la panchina precauzionale di Quagliarella che non era al top — e Di Francesco ha cominciato a sfruttare a pieno la sua «meglio gioventù»: Cristante (23 anni) ha innescato il primo gol che gli è stato scippato da Juan Jesus sulla riga di porta; Schick (22) ha segnato il 2-0 tornando tra i vivi dopo un’odissea tra infortuni e panchine; Kluivert (19) ha confermato l’ottima partita giocata contro il Cska in Champions; Lorenzo Pellegrini (22) è sempre più decisivo negli schemi di Di Francesco. 4 El Shaarawy, che di anni ne ha 1 26 e perciò è quasi un veterano, ieri ha segnato il fantastico terzo gol (stile Totti, che ha applaudito in tribuna) e il quarto che lo conferma miglior marcatore in campionato con 5 centri.
C’è voluto un po’ di tempo, ma, se la tendenza andrà avanti, la Roma può risalire in classifica e andar avanti anche in Champions: la rosa ampia è Audero 5,5; fondamentale per reggere tre competizioni come dimostrano il cammino del Napoli ma anche il tracollo dell’inter a Bergamo a quattro giorni dallo sforzo europeo contro il Barcellona. Va dato merito anche a Monchi, dopo tante critiche, di aver portato a Trigoria giovani che devono dimostrare ancora molto ma che, al contrario di quello che hanno detto in tanti, non sono certo un indebolimento.
Roma-samp, però, è stata importante anche per le sorti del maltrattato Var. La coppia Irrati (in campo) e Rocchi ha funzionato. L’arbitro era stato ingannato da due situazioni difficili da vedere dal vivo: aveva assegnato un rigore ai blucerchiati (ma Manolas fa di tutto per togliersi ed è Ramirez a cercare il contatto) e uno ai giallorossi (braccio di Colley ma prima c’è un tocco con il corpo). L’importante è che abbia avuto assistenza e la capacità di mettersi in discussione. Rinunciare al proprio ego non è facile. Gioco di squadra. E così si vince.
E alla sedicesima, la Lazio pareggiò. Dopo 10 vittorie e 5 sconfitte nella stagione, Inzaghi prende un punto contro un avversario, il Sassuolo, che avrebbe dovuto battere se avesse rispettato la regola seguita fin qui in campionato: perdere sempre con le altre grandi (Napoli, Juve, Roma, Inter), vincere tutte le altre gare. Ma stavolta i biancocelesti fanno poco per prevalere, anzi è la squadra di De Zerbi a giocare di più, a palleggiare, a occupare con maggiore continuità la metà campo avversaria. Non crea molto, è vero, però ha spesso la partita in mano, mentre la Lazio prova a colpire soprattutto in contropiede. Più una scelta — deludente — che una necessità.
Se la quarta forza del campionato consegna il gioco al Sassuolo, in parte è certamente merito degli emiliani: 1 De Zerbi sceglie di avanzare 1 Sensi accanto a Berardi, a ridosso di Boateng, e tutti questi calciatori tecnici riescono a gestire bene la palla, riconquistandola in fretta e perdendola raramente. Ma anche Inzaghi ci mette del suo, perché vuole recuperare a tutti i costi almeno tre acciaccati — Lulic, Leiva e Luis Alberto — e la squadra non ha sufficiente dinamismo. Lo spagnolo, il solo a salvarsi, a tratti si accende ed è da un suo tiro, ribattuto sulla linea, che nasce il gol di Parolo in avvio (7’). Ma Leiva viaggia sotto ritmo e viene soffocato dagli avversari che gli impediscono di fare gioco, mentre Lulic è il principale responsabile dell’immediato (15’) pareggio di Ferrari, facendosi anticipare di testa su un cross di Lirola.
Sembra l’inizio di una sfida a chi segna di più, invece le difese prendono presto il sopravvento sugli attacchi e le occasioni vere sono rare: spesso si esauriscono sulla trequarti. Di clamoroso c’è solo un palo di Immobile alla mezz’ora, una conclusione potente e precisa nata — ovviamente — da un’azione di contropiede; il Sassuolo ci prova con maggiore continuità, manca però l’ultimo passaggio. Tra i difensori, brillano i centrali contrapposti: Magnani, non più una sorpresa, e soprattutto Acerbi, l’uomo che da queste parti ha disegnato una storia lunga 5 anni e piena di ricordi, non sempre belli ma comunque preziosi.