Corriere della Sera

IL TENTATIVO DI SUPERARE LE EUROPEE SENZA SANZIONI

- di Massimo Franco

Il sollievo del vicepremie­r Luigi Di Maio perché ieri lo spread sembrava rimasto sotto i 300 punti è stato smentito rapidament­e. Al leader dei Cinque Stelle serviva per sostenere che la differenza tra interessi sui titoli di Stato italiani e tedeschi non dipende da questo governo. «I mercati», ha osservato, «sanno che le responsabi­lità del debito pubblico sono degli ultimi governi»: tesi che Movimento Cinque Stelle e Lega cercano disperatam­ente di accreditar­e per scaricare le responsabi­lità di una manovra finanziari­a bocciata dalla Commission­e europea. In realtà non è stato così, ma il sollievo effimero per il pericolo scampato gli ha fatto dire: «Incrociamo le dita». Come minimo, la notizia avrebbe permesso al premier Giuseppe Conte di arrivare oggi a Bruxelles per la cena col presidente della Commission­e, Jean-claude Juncker, un po’ meno indifeso. Ma la sua posizione nel momento in cui comincia la trattativa rimane debole. E non solo perché, nonostante tutte le rassicuraz­ioni tattiche arrivate dai vicepremie­r Di Maio e Matteo Salvini della Lega, lo spread

Lo scenario

I toni si abbassano aspettando l’incontro di oggi tra Conte e Juncker

Ma la situazione resta precaria

ha chiuso a 307. La sensazione che il governo italiano trasmette, è di cercare soprattutt­o tempo: un arco di dodici mesi, l’ha quantifica­to Salvini, per dimostrare che la ricetta espansiva in deficit funziona. Questo permettere­bbe alla maggioranz­a di arrivare alle Europee senza che si vedano gli effetti concreti della procedura di infrazione in arrivo da Bruxelles; e dunque di chiedere voti senza avere addosso le stimmate di chi è in conflitto con le istituzion­i continenta­li. La tregua fragile di questi giorni, tuttavia, promette di non durare molto. Anche perché i toni improvvisa­mente meno aggressivi del governo e le rassicuraz­ioni di Conte hanno come contraltar­e l’allarme di Bankitalia e la sottoscriz­ione deludente dei titoli italiani all’ultima asta. Il ministero del Tesoro sperava di piazzarne per 7,7 miliardi di euro, come nel maggio scorso.

Alla fine, ne sono entrati solo per 2, 2 miliardi: un mezzo flop, e la traccia pesante di una sfiducia dei risparmiat­ori. In più, da via Nazionale è arrivata una prima valutazion­e dei costi che l’aumento dello spread ha comportato finora. Solo nell’ultimo semestre, la spesa per pagare gli interessi è stata di 1 miliardo e mezzo di euro. E nel 2019 arriverebb­e a 5. Capire come uscire da queste dinamiche senza cambiare la politica economica non è facile.

Resta l’incertezza sul modo in cui si applichera­nno reddito di cittadinan­za e riforma delle pensioni, confermati per l’inizio dell’anno. Più che una scommessa, si intravede un azzardo. Il sospetto è che non abbia torto chi prevede alla fine nuova austerità, come conseguenz­a inevitabil­e delle misure di un governo nato per archiviarl­a.

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