«Ministro giustizialista» La battaglia degli avvocati e una riforma già in salita
Duello con i magistrati in vista delle mosse di Bonafede
Incassato il blocco della prescrizione dopo il primo grado di giudizio (che da lunedì sarà all’esame del Senato insieme al resto del disegno di legge anticorruzione), il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede si appresta a mettere mano alla riforma del processo penale. L’obiettivo è accelerarne i tempi, perché con questa promessa ha ottenuto il sì della Lega al famoso emendamento infilato di soppiatto ma a forza tra le norme «spazzacorrotti» a Montecitorio. Una bandiera grillina da piantare vicino a quella del Decreto sicurezza sventolata dal Carroccio.
Adesso però comincia un’altra partita, dal risultato tutt’altro che scontato. Perché ai conflitti interni alla maggioranza tra Lega e Cinque stelle, che in materia di giustizia sono sempre in agguato e probabilmente emergeranno anche di fronte a questa nuova prova, si aggiungono quelli tra magistrati e avvocati già esplicitati nei primi incontri che il Guardasigilli ha avuto separatamente con le due categorie. Il tempo a disposizione non è molto: in teoria entro un anno il Parlamento dovrebbe approvare una leggedelega e il governo metterla in atto, con modifiche al codice di procedura penale volte a garantire una più rapida celebrazione dei processi, per i quali dal 2020 la prescrizione non ci sarà più dopo la prima sentenza.
L’intenzione del ministro è di convocare un tavolo congiunto da cui scaturiscano proposte comuni, magari attraverso una commissione ministeriale, da tradurre in un disegno di legge. Ma le prime avvisaglie sono di netto contrasto tra le proposte della magistratura e quelle dei penalisti. Se n’è avuta una riprova ieri, durante l’affollata e battagliera assemblea dell’unione camere penali che ha concluso i quattro giorni di sciopero proclamati contro la riforma della prescrizione. Bersaglio principale: il ministro Bonafede, accusato di pressapochismo e inadeguatezza, in nome di un «populismo giustizialista» del tutto indifferente alle conseguenze provocate. «Quando gli abbiamo chiesto se potesse almeno prendere in considerazione le riserve avanzate unanimemente in Parlamento dal mondo accademico sulla nuova prescrizione, ci ha risposto che doveva adempiere a un mandato politico; questo è il livello dell’interlocuzione», denuncia il neopresidente dell’unione, Gian Domenico Caiazza.
Ma gli avvocati sono pronti a fare muro anche contro le proposte dell’associazione nazionale magistrati. Nel timore che, nonostante le rassicurazioni del Guardasigilli, almeno alcune proposte trovino accoglimento. A quel punto — preso atto dell’irrilevanza parlamentare dell’opposizione di Pd e Forza Italia, che paradossalmente si ritrovano ora dallo stesso lato della barricata dopo un ventennio di accuse reciproche in materia di giustizia — ai difensori non resterebbe che confidare nelle resistenze della Lega. Da cui però si sono sentiti traditi dopo che il ministro-avvocato Giulia Bongiorno ha prima denunciato la «bomba atomica» lanciata sui processi attraverso il blocco della prescrizione, ma poi è rimasta silente di fronte all’innesco rimasto attivo. L’entrata in vigore è infatti fissata fra tredici mesi, senza alcuna «clausola di salvaguardia».
Per i penalisti è uno scandalo, secondo l’anm va bene (sebbene loro lo proponessero solo a seguito delle prime condanne, mentre la modifica grillina include anche le assoluzioni), ma insieme ad altri interventi. Sui quali le divisioni si moltiplicano. I magistrati sono per l’abolizione del divieto di aggravare le pene in secondo grado se un imputato fa appello, in modo da evitare strategie dilatorie, novità che per gli avvocati sarebbe una minaccia ai diritti costituzionali.
I magistrati vorrebbero poter salvare, dandoli per acquisiti, gli atti già svolti quando durante il processo cambia un giudice, senza dover ricominciare tutto daccapo, come accade ora; i difensori si oppongono perché questo significherebbe abolire il principio di formazione della prova davanti a chi deve emettere la sentenza, e ribattono: quando un giudice viene trasferito, prima di passare ad altro incarico dovrebbe avere l’obbligo di concludere i dibattimenti in corso. L’anm suggerisce di estendere gli interrogatori a distanza, in videoconferenza, ma per gli avvocati si tratterebbe di una limitazione alla valutazione dell’attendibilità dei testimoni. E così via.
Il confronto non è ancora cominciato, la contrapposizione sì.
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