«Dagli Usa attacchi all’ordine mondiale»
Lavrov, ministro degli Esteri di Putin, al Med: «Noi temuti perché ci rispettano»
ROMA «Dice un vecchio proverbio russo: “Se hai paura di me, significa che mi rispetti”». È un Sergej Lavrov ironico e malizioso quello che risponde alle domande del corrispondente da Berlino del Corriere della Sera Paolo Valentino, sul palco del Med2018: la Russia si sente poco rispettata nel mondo? «Non direi, né vogliamo spaventare nessuno ma chiediamo un dialogo basato sul rispetto», replica il ministro degli Esteri di Mosca. Un’ora densa e vivace al Parco dei Principi, dove Lavrov è arrivato subito dopo l’incontro con il capo della diplomazia italiana Enzo Moavero e dove oggi il premier Giuseppe Conte chiude i lavori del Med.
Siria, Libia, terrorismo, il rapporto con Teheran, le armi nucleari, le tensioni con la Nato: l’inviato di Mosca non tralascia alcun tema. E sottolinea come gli Stati Uniti e i loro alleati stiano portando avanti un attacco in piena regola all’ordine mondiale, che mette in discussione «principi in vigore da decenni» e tenta di imporre «un equilibrio basato sul potere e sulla privatizzazione delle istituzioni internazionali».
Parla di «successo» Lavrov a proposito della Conferenza sulla Libia organizzata dal governo italiano a Palermo. E si dice convinto che non ci sia alternativa al «dialogo con tutti gli attori, da Tripoli a Tobruk». La Russia dunque non aspira a un ruolo di guida nel processo di stabilizzazione ma punta sul ruolo dell’onu e dei Paesi limitrofi, in primis l’egitto. Inoltre, avverte il ministro, ogni tentativo di stabilire «scadenze artificiali» per risolvere la crisi libica è destinato a essere un azzardo.
Lo stesso vale per Siria, dove l’inviato delle Nazioni Unite, Staffan de Mistura, anche lui ieri in bilaterale con Lavrov, chiede una scadenza per la formazione del Consiglio costituzionale. «Non si possono forzare i tempi», dando vita a un organismo fragile e poco rappresentativo, ha risposto Lavrov rivendicando l’efficacia dei colloqui di pace di Astana, di cui Mosca è sponsor. Quanto all’appoggio incondizionato della Russia al presidente Assad, il ministro ha replicato che il suo governo «non sostiene nessuna figura politica specifica» e che «saranno i siriani con libere elezioni a scegliere il leader». E qui Lavrov critica l’ambiguità di Washington, che pretende di combattere l’isis puntando allo stesso momento a un cambio di regime: «Una strana logica, che mi auguro non venga applicata anche da altri». Il capo della diplomazia del Cremlino individua nella questione palestinese il problema dei problemi della regione, rinnovando l’offerta di un incontro a Mosca tra i leader di Israele e Anp.
La frecciata finale di Lavrov è per gli «amici occidentali», Londra e Washington, che «sostengono di voler normalizzare le relazioni, ma solo se riconosciamo di essere colpevoli di tutto quello di cui ci accusano». Avvelenamenti di spie, ingerenze elettorali e guerra informatica, su tutto «abbiamo sempre detto: “Se avete le prove, portatecele”. Quando ho chiesto i fatti all’ex segretario di Stato Usa Rex Tillerson — ha poi raccontato Lavrov — lui mi ha risposto: ”Chiedi ai tuoi servizi segreti, sanno di cosa parlo”».