Lo scandalo che frenò l’ascesa di Hart
Giornalismo, gossip, politica: Jackman convince nel ruolo del candidato alla Casa Bianca
Accompagnata dalla grazia di Lucia Mascino nelle vesti di madrina e dall’energia della sua direttrice Emanuela Martini, si è inaugurata ieri la trentaseiesima edizione del TFF, il Torino Film Festival, appuntamento imprescindibile per scoprire le nuove tendenze del cinema. Non solo per il concorso, riservato alle opere prime e seconde (e dove spicca l’esordio come regista di Valerio Mastandrea con Ride), ma anche per la sezione Onde, la più aperta alla sperimentazione, o per l’attenzione ai cortometraggi e ai documentari (è qui che Moretti presenterà sabato prossimo il suo ultimo lavoro, Santiago, Italia) o ancora per il piacere di riportare l’attenzione su registi lontani dalle mode, come il geniale francese Jean Eustache (il più rigoroso e il più disperato degli autori della Nouvelle Vague) o il provocatorio galiziano Amando de Ossorio, regista di una serie di film stracult, quelli dei «Resuscitati ciechi».
Fa parte invece della sezione Coppia
Hugh Jackman (50 anni) nei panni del candidato Gary Hart, con Vera Farmiga (45), sua moglie, in una scena del film Festa mobile il titolo scelto per inaugurare il festival, The Front Runner (che in Italia uscirà nel prossimo febbraio con il sottotitolo Il vizio del potere) di Jason Reitman. Il film ricostruisce la campagna del senatore del Colorado Gary Hart (affidato a un convincente Hugh Jackman) per la nomination democratica alla Presidenza Usa nel 1988. Una campagna che lo vide partire come favoritissimo ma che terminò con il suo ritiro, travolto dalla scoperta di una relazione extraconiugale. Una storia che tutti più o meno ricordano ma che al regista interessa perché segna l’inizio di una profondissima trasformazione del costume (e di conseguenza della politica), quella che ha abbattuto i muri che dividevano il pubblico dal privato.
La macchina da presa del regista non si interessa tanto al tradimento di Hart con la bionda Donna Rice (Sara Paxton) né alla rabbia della moglie Lee (Vera Farmiga) quando al complicato intreccio tra gossip e credibilità politica che questo caso fa esplodere. I giornalisti del Miami Herald che fanno lo scoop non sono degli abili segugi della notizia, l’inviato del Washington Post che segue la campagna di Hart ha molti più scrupoli di quelli che sarebbero richiesti ma come gli spiega il suo direttore Ben Bradlee (Alfred Molina) «è questo che il pubblico vuole» e i contenuti della politica passano in secondo piano.
Anche se non è mai citato, è evidente che su tutto il film aleggia la figura di Donald Trump e dell’imbarbarimento del dibattito politico, che Reitman tratteggia con grande abilità, intrecciando idealismi e volgarità, spionaggi e fragilità umane, rabbie femministe («più cresce il potere più dovrebbe crescere la responsabilità», spiega una giornalista) e delusioni. ● Nel 1987 il senatore del Colorado Gary Hart, candidato e favorito alle elezioni presidenziali dell’anno successivo per il Partito Democratico, vide sfumare la sua corsa per uno scandalo legato ad una relazione extraconiugale con la modella Donna Rice Hughes (insieme nella foto)