Corriere della Sera

Per farci più male del solito

Contro l’italia inseguono le certezze incrinate dall’irlanda

- Domenico Calcagno

Gli All Blacks hanno un problema, e questa è una pessima notizia per l’italia. Sabato scorso hanno perso con l’irlanda e, come capita regolarmen­te dopo ogni (rarissima) sconfitta, sono scattati tutti gli allarmi. È stato il secondo k.o. del 2018 quello di Dublino — il primo a settembre col Sudafrica —, e non gli capitava da 7 anni di perdere due volte in 12 mesi. Ansiosi e perfezioni­sti come sono, hanno immediatam­ente ripassato il programma della Coppa del Mondo, che si giocherà tra meno di un anno in Giappone, e constatato che, dovessero arrivare secondi nel girone nel quale, oltre agli azzurri, ci sono i sudafrican­i, troverebbe­ro gli irlandesi ai quarti e le cose potrebbero mettersi molto male. Cosa c’entra l’italia con tutto questo? C’entra, perché da adesso alla Coppa del Mondo gli azzurri sono l’unica squadra europea nell’agenda dei neozelande­si. Rispetto al sud del mondo, in Europa si gioca su ritmi più bassi, la mischia è più importante, i muscoli e la tattica pure. Quindi la sfida di oggi con gli azzurri sarà una specie di prova generale. Considerat­o poi che l’italia fatica a reggere 80 minuti, per avere risposte attendibil­i gli All Blacks intendono partire sparati, aggredire e segnare subito, prima che la resistenza dell’italia si affievolis­ca.

«Sarà emozionant­e affrontarl­i, come sempre» ha detto ieri Leonardo Ghiraldini, capitano in questi match di novembre per l’assenza di Sergio Parisse. Ma sarà anche molto complicato. Rispetto a Dublino, il c.t. Steve Hansen, l’ex poliziotto che da ragazzo sognava di fare il fantino, ha cambiato molto, ma ha confermato gli uomini-chiave: il capitano Kieran Read, il playmaker Beauden Barrett e il contrattac­cante più pericoloso, Damian Mckenzie. Di esordienti Haka

La danza di guerra maori che gli All Blacks eseguono prima di giocare (Getty Images) non c’è traccia e i meno collaudati sono Jordie Barrett e Vaea Fifita, che indosseran­no la maglia nera per la nona volta.

Insomma, non ci sarà nulla di facile per gli azzurri che contro l’australia hanno dato buoni segnali ma confermato anche di avere difficoltà a trasformar­e il lavoro in punti. Il c.t. Conor O’shea, alla fine, ha scritto la lettera al capo degli arbitro per lamentarsi dei fischi del francese Pascal Gauzere. E Alain Rolland, il numero 1, ha risposto con una sola parola, «Sorry», scusateci. Sapendo benissimo che con gli All Blacks l’arbitro, l’irlandese Andrew Brace, non sarà un fattore.

La nostra grande speranza non sarà la pioggia, ma la stanchezza degli All Blacks, che hanno propositi bellicosi ma giocano anche l’ultima partita della stagione. È però una speranza flebile. Per una serie di ragioni, l’immagine per esempio, che fa poi crescere i fatturati, i neozelande­si non prendono nulla sottogamba. Per di più sono molto contrariat­i per le botte di Dublino. Non basterà per vedere la Kapa o Pango, la Haka più truculenta riservata agli avversari e alle occasioni più importanti. Per l’italia andrà benissimo la classica Ka Mate. Ma comunque vada, non dovrebbe essere difficile per gli azzurri fare meglio di due anni fa, quando all’olimpico persero 68-10.

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