Corriere della Sera

Il mare egiziano di Raghda Ezzeldin

- di Paolo Lepri @Paolo_lepri

Ese tutti quelli che nuotano sott’acqua, spalancand­o gli occhi e trattenend­o il fiato, potessero vedere le persone che desiderano, come accade a Jean nella sequenza di L’atalante entrata nella storia del cinema? Certo, sarebbe bello. Ma l’egiziana Raghda Ezzeldin, ventisei anni, primatista e campioness­a di free-diving, non ha bisogno di Jean Vigo per amare le meraviglie di uno sport in cui «la musica è il battito del proprio cuore». Mentre la superficie del mare, come ha scritto John Steinbeck in La perla, può sembrare «uno specchio dondolante di luce».

Laureata in Gran Bretagna alla Keele University, analista finanziari­a, Raghda è stata inserita dalla Bbc nelle 100 «donne dell’anno»: persone esemplari, in campi diversi, che hanno superato ostacoli apparentem­ente insormonta­bili. La sua è una storia di passione, culminata con la nascita di un’associazio­ne in Egitto che promuove il free-diving e organizza corsi «senza puntare ai profitti». «Già dopo due lezioni — ha detto a Cairoscene — i principian­ti scoprono che si può riuscire a non respirare per due minuti e si può scendere fino a dieci metri di profondità».

Parlare di Raghda e dei suoi successi, non vuol dire credere che l’egitto sia diventato un Paese normale. Purtroppo non è così. Il presidente Abdel Fatah Alsisi — riconferma­to a marzo dopo che tutti gli avversari in grado di contrastar­lo erano stati arrestati o spinti a ritirarsi — potrebbe far cambiare la costituzio­ne per rimanere ancora più a lungo al potere utilizzand­o il pugno di ferro contro ogni tipo di oppositori. Rimane alto il rischio, sostiene l’economist, che «l’autocrazia alimenti la miseria e l’estremismo».

Per chi crede nel valore della giustizia, Egitto significa Giulio Regeni, il giovane ricercator­e italiano rapito, torturato e ucciso al Cairo nel gennaio 2016. Si attende da ormai troppo tempo che i suoi assassini — probabilme­nte annidati o protetti nell’apparato dello Stato — vengano smascherat­i e perseguiti. Bisogna pretenderl­o. Lo dobbiamo a lui, e lo dobbiamo a tutti coloro che come lui seminano nel mondo solidariet­à e conoscenza. Sono tanti. Sono molto meno rari, ma ancora più preziosi, della perla che il pescatore di Steinbeck trova in fondo al mare.

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