«Non amavo l’opera Attila mi ha folgorato»
di Giuseppina Manin
Banco nel Macbeth e due inaugurazioni agli Arcimboldi, nel 2002 Iphigénie en Aulide, nel 2003 Moïse et Pharaon. Nel 2010, quando mi chiamò per Attila al Met, con lui c’era Ramey. Ma stavolta nelle vesti del papa la cui visione turba tanto il barbaro. Il sogno si è fatto realtà anche per me. Ero Attila, e con gli stessi protagonisti del filmato fatale».
E ora il sogno si completa alla Scala con Chailly.
«Una nuova scoperta arricchita dalle battute inedite di Rossini e dall’aria di Foresto del terzo atto. L’altra novità è la regia di Livermore che porta Attila nel ‘900».
L’uniforme che lei indossa allude a Stalin.
«A ispirarmi una statua equestre davanti al Museo Storico di Mosca. Il generale Zhukov, detto “uragano”, che ha guidato l’armata russa fino a Berlino. Quando entro in scena a cavallo, con il suo stesso berretto in testa, penso a lui».
Attila è feroce e fragile, leale e sanguinario.
«Un mito anche da noi, gli Unni sono passati da lì. Quanto all’attila di Verdi è un eroe tradito dalle tre persone di cui si fida. Pugnalato dalla donna che ama».
Difficile credere che Odabella non sia in qualche modo affascinata da lui.
«Livermore aveva pensato a un bacio, che lei avrebbe dovuto dargli prima di ucciderlo. Ma poi, con tutto quel che succede in quel momento, diventava complicato».
I suoi ruoli preferiti?
«Filippo II, Mefistofele. E Boris naturalmente».
La Scala ne ha in vista uno. Chissà... Intanto ieri «Attila» è arrivato in mezzo mondo, anche a Ufa?
«No purtroppo. Mia madre mi ha telefonato per sapere come era andata. Se sono qui devo dire grazie anche ai miei genitori che mi hanno spinto verso la musica. L’arte era di
Il colpo di fulmine fu il video di un’edizione diretta da Muti a Milano: allora decisi che avrei avuto un futuro nella lirica
casa da noi, mia madre era pittrice di ceramiche, mio padre regista di cinema e tv. Ha girato molti documentari anche su Nureyev, nato anche lui a Ufa. E a Ufa da un paio d’anni tengo un mio festival lirico. In primavera farò Attila, stavolta da regista».
La sua è una famiglia numerosa. Cinque figli da tre mogli, due delle quali cantanti liriche.
«Per fortuna la terza non lo è. Marika era presentatrice tv e attrice. Ha rinunciato alla carriera per stare con me e i nostri figli».
Qualche suo figlio ha vocazioni musicali?
«Il maggiore, 16 anni, studia al Conservatorio e ha già iniziato a comporre. Il più piccolo, anni uno, ha una voce potente. Da come mi tiene sveglio la notte, promette bene».