La strage dei ragazzi in discoteca
Tragedia alla festa con Sfera Ebbasta. Le indagini: venduti 1.400 biglietti per 469 posti. Caccia al giovane della bomboletta Spray urticante scatena il panico: 6 vittime nella calca. Mattarella: non si può morire così
Tragedia in discoteca. Sei vittime in un locale di Corinaldo, nelle Marche. A causare il panico e la ressa uno spray urticante. «Non si può morire così» commenta il presidente Mattarella.
Sono rimasti schiacciati qui. Sono morti esattamente qui.
Sul pavimento di tufo infestato da erbaccia, ancora le macchie ormai nerastre del sangue e un ciuffo di capelli biondi, un dente, la lente spezzata di un occhiale, un orecchino a forma di cuore.
Prima impressione, alzando lo sguardo: la rampa di cemento armato dell’uscita di sicurezza è più bassa, stretta e corta di quanto appaia nel terribile video che avrete visto alla tivù o sul web. Quei ragazzini che nel buio di venerdì notte uscivano in fretta dalla discoteca Lanterna Azzurra, un po’ nel panico provocato da un gas urticante, un po’ nel disordine allegro dei concerti, sono precipitati giù da non più di un metro e mezzo di altezza: però sono precipitati a decine, di peso, uno sull’altro, in un mucchio di braccia, gambe e teste, e quella mamma che aspettava sulle punte dei piedi, cercando di capire dove fosse finita la figlia nella bolgia — Eleonora Girolimini di anni 39 — se li è visti arrivare addosso, di colpo, quando la balaustra marcia foderata di edera ha ceduto.
Il concerto del trapper Sfera Ebbasta non è mai cominciato.
All’una, i vigili del fuoco e i carabinieri hanno invece cominciato a contare i morti: oltre alla signora Eleonora, tre ragazzine e due ragazzini. Fa male anche soltanto scrivere i loro nomi e cognomi: Emma Fabini ed Asia Nasoni, tutte e due di 14 anni, tutte e due arrivate da Senigallia; Benedetta Vitali, 15 anni, da Fano; Mattia Orlandi, 15 anni, da Frontone (Pesaro Urbino); Daniele Pongetti, 16 anni, da Senigallia. Adolescenti.
Tutti e solo adolescenti — come del resto gli oltre 60 feriti, 7 dei quali ricoverati nel reparto di rianimazione dell’ospedale Torrette di Ancona.
Gli adolescenti adorano questo Sfera Ebbasta, fenomeno musicale del momento, genere rap con utilizzo di elettronica, cresciuto nell’hinterland milanese, a Cinisello Balsamo, con la faccia giusta, tatuaggi e piercing e tutto il resto, compresa la capacità di frullare insieme disagio e amore, rabbia e speranza, così da diventare star della rete e poi da finire a festeggiare il compleanno dei suoi 26 anni — molto ben remunerato — proprio in questa discoteca.
Sotto il paese di Corinaldo. Venti chilometri da Senigallia. Una strada stretta, querce secolari e prati rasati, località Madonna del Piano. E in fondo alla strada stretta una casa colonica che la famiglia Micci, negli anni Sessanta, trasforma in balera. Ci viene Raoul Casadei, serate di liscio e sangiovese, finché la moda lunga del liscio non passa e allora la balera diventa discoteca, ampliata un anno dopo l’altro, grandi cubi bianchi a incastro: due appartamenti sopra e sotto il locale, un postaccio triste, ma che d’inverno, un paio di volte al mese, funziona. Quando i vigili del fuoco non lo chiudono perché i sistemi di sicurezza non sono a norma. O quando arrivano i vigili urbani, come nell’ultima notte di Halloween, e si accorgono che, dentro, a ballare, c’è troppa gente.
Come la notte del concertone di Sfera Ebbasta.
Quasi 1.400 biglietti venduti — lo affermano sia il premier Giuseppe Conte, sia il procuratore capo di Ancona Monica Garulli — ei partecipanti chiusi in uno solo dei saloni (che avrebbe potuto ospitarne appena 469).
Ma non c’è problema, all’ingresso: entrano tutti — certi arrivati con i pullman, molti altri accompagnati dai genitori, c’è pure il figlio di Marianna Manduca, la donna uccisa dal marito in Sicilia e adottato da una famiglia di Senigallia — e tutti, e se non tutti, moltissimi, subito si fiondano al bancone del bar a tracannare un bicchierino di amaro dopo l’altro.
Poi inizia il solito via vai nei
bagni che c’è in tante discoteche, si passano caramelle rosse e verdi, i lavandini restano sporchi di polvere bianca.
Anche se in questa discoteca ci sono quasi solo ragazzini e ragazzine e ad un certo punto, uno che sembra essere un poco più grande, uno che viene descritto con la testa nascosta dentro il cappuccio della felpa, si mette a spruzzare gas urticante. Forse addirittura lancia un candelotto. Le testimonianze sono confuse nel descrivere il gesto — provocato da una lite? — ma non lui (e infatti, secondo alcune indiscrezioni, come si dice in questi casi, gli investigatori l’avrebbero già individuato).
Comunque: il gas urticante, probabilmente al peperoncino, e perciò simile a quello che seminò panico e morte anche a Torino, in piazza San Carlo, scatena paura e grida, dosi di un’euforia molesta, così è tutto uno spingersi e scappare, cercare un’uscita, aria fresca, salvezza.
Di là.
No, laggiù.
E tu seguimi. Stammi dietro. Dammi la mano. Alcuni ragazzi sostengono di aver trovato sbarrati i portelloni di sicurezza. Quello che sta in fondo, dalla parte opposta all’ingresso della discoteca, viene però spalancato di botto.
Si ritrovano fuori e iniziano a respirare forte e a raccontarsi che è già successo, sì, qualcosa di simile è già successo in altri concerti di Sfera Ebbasta. Il peperoncino, qualche idiota, forse un nuovo stupido modo di scherzare, forse solo un esercizio di violenza. Poi uno di loro — come colto da tragica premonizione — prende il cellulare e inizia a filmare la rampa, quelli che stanno ancora uscendo, che premono sulle balaustre. Finché le balaustre cedono. Prima quella di destra, poi l’altra.
Non sanno dove aggrapparsi, a cosa tenersi. Calano giù
La madre
Sono precipitati a decine, uno sull’altro, e quella mamma che aspettava cercando di capire dove fosse finita la figlia se li è visti arrivare addosso
quasi lentamente. Si sentono grida soffocate, pochi riescono a chiedere aiuto. I volti hanno espressioni che sono un miscuglio di stupore e terrore. È una scena interminabile nella quale c’è chi si alza subito, chi cammina sugli altri e vola via, chi striscia e piange, chi viene fuori dal groviglio con la gamba spezzata in tre punti, chi si tiene la testa, chi sputa sangue, chi si ritrova in piedi ma senza camicia, senza scarpe, chi si tocca l’orecchio e stringe solo una poltiglia di sangue e carne tra le dita.
Poi c’è chi resta sotto. Chi non si muove più. Allora iniziano a soccorrersi tra di loro, povere creature. I genitori che aspettavano in macchina, nel parcheggio, impiegano qualche minuto prima di capire. Un paio di «buttafuori» arrivano correndo e bestemmiano, urlano che per forza, prima o poi, maledizione, sarebbe dovuta finire così.