A Roma Salvini riempie la piazza post-leghista «Datemi il mandato per trattare con la Ue»
I richiami al dialogo. E oggi vedrà le imprese critiche
ROMA Ebbene sì, sono proprio lucciconi quelli che s’intravedono sotto alle ciglia di Matteo Salvini. In mezzo al palco, la mano che batte sul cuore, ai piedi la folla che riempie piazza del Popolo, il leader leghista s’emoziona. Molto è cambiato dal 2015, la sua prima volta romana: «Mai avrei creduto che gli italiani ci avrebbero dato la fiducia di governare questo Paese».
E così, dopo aver chiesto un minuto di silenzio per le vittime di Corinaldo — la tragedia ha cambiato il carattere festoso che la Lega voleva assegnare all’evento —, Salvini il Soave parla a «una piazza di amore e speranza», perché la vita «è troppo breve per perder tempo in odio e polemiche». Piazza stracolma: forse non gli 80 mila di cui parla la Lega (ufficialmente piazza del Popolo tiene 30 mila persone) ma comunque impressionante.
d Voglio essere giudicato non solo dai numeri ma dal numero di culle
Noi saremo il sangue e le vene di una nuova Europa fondata sul lavoro e sulla dignità
Nel frattempo, ha cambiato la felpa con la scritta Polizia che indossava qualche minuto prima. Non abbastanza in fretta: il deputato Pd Emanuele Fiano osserva che «il nome Polizia lo deve portare sulla maglia chi rischia la vita ogni giorno per tutti noi. Ogni altra felpa alla Salvini è uso cinico e inaccettabile della propaganda politica».
L’immacolata 2018 è il giorno del Salvini europeista che evoca «un sogno» che è sì di orgoglio nazionale ma anche europeo, «dagli Urali all’atlantico». Quella immaginata non è «l’europa della finanza, dello spread, degli zerovirgola ma quella della dignità dei cittadini». E lui, semmai, vuole «essere giudicato non solo dai numeri ma anche dal numero di culle». Per questo chiede «il mandato di andare a trattare con l’ue, non come ministro, ma a nome di 60 milioni di italiani che vogliono lasciare ai loro figli e nipoti un’italia migliore». Un premier, verrebbe da dire.
Se le citazioni sono pennellate che dipingono un’atmosfera, ecco che Salvini richiama Martin Luther King («Non serve fare la guerra per farsi dei nemici, basta dire quello che si pensa»), Alcide De Gasperi («Un bravo politico non pensa alle prossime elezioni ma alle prossime generazioni») e, più volte, «San Giovanni Paolo II, che per qualcuno oggi sarebbe un sovversivo o un pericoloso populista». L’invito è quello di «ripartire dalla sua lezione per costruire una nuova Europa fondata sul lavoro e sulle identità». Di cui la Lega, promette Salvini, sarà «il sangue e le vene». Il capo leghista cita anche il trattato di Maastricht, che prescrive un’europa «in cui le decisioni siano prese il più vicino possibile ai cittadini».
Ma Salvini vuole accreditarsi anche come leader di dialogo. E così, oggi incontrerà i rappresentanti delle numerose associazioni imprenditoriali — da Confindustria a Confartigianato — che hanno espresso dubbi e critiche alla
manovra così come è stata fin qui prospettata. Il deputato Alessandro «The voice» Morelli è il presentatore della manifestazione leghista. E guarda la folla rapito: «Per la prima volta abbiamo davvero una platea nazionale, oggi abbiamo consacrato Matteo come fattore unificante di un’italia che vuole essere ascoltata e ha trovato in Salvini chi è in grado di farlo».
Quello che Morelli non dice è che la manifestazione di ieri in fondo è stata post leghista. Con i presenti in piazza per Salvini più che per la Lega. Sulle bandiere la scritta Lega fa da sfondo grigio alla parola Salvini, in giallo squillante. Per tacere di quelle blu con il nome del leader a tutto campo. Introdotto sul palco dalla tonante «All’alba vincerò». Insomma, molti leghisti sono convinti che quello di ieri sia stato il primo giorno di una nuova svolta. Difficile dire se la Lega riuscirà davvero ad essere il centrodestra in un solo partito (o in un solo uomo) a cui punta. Di certo, la direzione indicata è quella.
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