Corriere della Sera

Migliaia di No Tav sfilano a Torino «M5S ha promesso, ora la fermi»

Dal Movimento a Rifondazio­ne ai gilet gialli: battuta l’altra piazza. Vicesindac­o contestato

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«Siamo 100 mila, ma vi rendete conto!», urla dal palco uno dei leader storici, Alberto Perino. Quando piazza Castello non si è ancora riempita e la coda del corteo si trova in via Cernaia, a 850 metri di distanza e dieci minuti di cammino, i No Tav non stanno nella pelle e si affrettano a festeggiar­e il loro successo, la loro prova di forza. Le cifre ballano, com’è normale che sia in questi casi. I Cinquestel­le torinesi, nel chiedere ai «loro» ministri di «fermare subito l’alta velocità Torino-lione» senza aspettare l’analisi costi-benefici (a questo punto, davanti a «questa massa democratic­a — dicono — non si può soggiacere a nessun valore economico»), contano «70 mila in marcia». La questura ridimensio­na il tutto e parla di «circa 20 mila». Ma al di là del solito balletto sui numeri (la verità potrebbe stare nel mezzo e in chi ha calcolato 50 mila manifestan­ti), il dato politico registrato ieri a Torino è che i No Tav hanno sorpassato, in termini numerici, la manifestaz­ione arancione del 10 novembre, quella convocata in appena una settimana dalle sette «madamine» della buona società torinese, dalle associazio­ni imprendito­riali e dall’ex sottosegre­tario forzista Mino Giachino.

Certo, ieri in quella stessa piazza Castello di un mese fa non c’erano soltanto torinesi, ma tanti valsusini: «Abbiamo portato il vento della Val di Susa». Come quello caldo, il föhn, che ieri soffiava sulla Mole. Sono loro, del resto, quelli interessat­i più da vicino dai cantieri del nuovo tunnel ferroviari­o che, dopo 147 anni di vita, dovrebbe sostituire il Fréjus. No Tav, come da copione. Ma anche No Muos, No Tap, No Gronda, No Terzo Valico e un gruppo di «gilet gialli» dalla Francia, tutti i «no» d’italia, e non solo, riuniti in un unico corteo, accanto alle bandiere di Cgil, Fiom, Arci, Cobas, Rifondazio­ne, Potere al Popolo. «Una piazza organizzat­a — fa notare il governator­e Sergio Chiamparin­o — che ha raccolto le tante sfumature del “no a tutto” che percorrono l’intero Paese».

Il corteo viene aperto da una fila di donne con in testa un cappello su cui c’è scritto: «Meglio montagnine che madamine». «Non ci faremo mangiare vivi dal partito del Pil», grida al microfono la speaker della protesta, un’attivista del centro sociale Askatasuna. È il momento dell’orgoglio e della risposta alla piazza delle «madamine» e di chi aveva reagito al voto con cui il M5S ha proclamato Torino città No Tav. Pure la sindaca Chiara Appendino, al termine del corteo, riscopre la sua antica appartenen­za: «Sono contraria da sempre, quell’opera rappresent­a un modello di sviluppo del passato». E però lo fa a distanza, sui social, a bocce ferme. Lei, infatti, per non esporsi con quella maggioranz­a silenziosa della città favorevole alla Tav e, al contempo, evitare di inimicarsi ulteriorme­nte i suoi fibrillant­i consiglier­i comunali ha preferito

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Io contraria da sempre. Un modello di sviluppo del passato Appendino

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