Tredici sezioni tra ologrammi cimeli e video
Un omaggio a un grande sconfitto, con la certezza che dalla storia si possa sempre imparare. Annibale. Un mito mediterraneo è la mostra che si apre dal 16 dicembre fino al 17 marzo 2019 nei sotterranei rinnovati di Palazzo Farnese a Piacenza. «Cartagine deve essere distrutta» (Carthago delenda est): Catone il Censore, sostenitore romano di una terza guerra punica, pronunciava questa frase spesso. Erano parole così forti forse anche perché basate sul ricordo del grande condottiero cartaginese Annibale, protagonista della seconda guerra punica (dal 218 a.c al 202 a.c.), che alla fine sconfitto a Zama, aveva vinto sanguinose battaglie contro i romani come quella del Ticino, della Trebbia, del Lago Trasimeno e di Canne. Curata dallo storico ed esperto del personaggio Giovanni Brizzi, la mostra «restituisce le vicende umane, vero e proprio patrimonio immateriale, attraverso l’esposizione di importanti pezzi archeologici». Non solo racconta la storia di Annibale, condottiero e stratega che provò a invadere Roma, ma dà una chiave di lettura dell’evoluzione del Mediterraneo. «È una mostra storica», spiega il curatore, «i pezzi archeologici servono da ancoraggio per descrivere gli avvenimenti». Tra gli oggetti esposti ci sono una moneta del Louvre che ritrae il volto di Amilcare, padre del guerriero cartaginese e un bozzetto del dipinto di Goya che raffigura Annibale con davanti a sé la pianura padana. Esposti altri cimeli come un piatto su cui è rappresentato un elefante: lo stratega attraversò le Alpi con gli animali portati dall’africa. Non mancano infine armi e corazze. Ci sono proiezioni video, animazioni e ologrammi che raccontano i combattimenti e la superiorità sul campo di Annibale, cui però non corrispose una superiorità politica. Spiega Giovanni Brizzi: «Annibale fu sconfitto da una struttura politica superiore, l’urbe: civitas e non polis come era Cartagine». È importante ripercorrerne le tappe perché la seconda guerra punica fu «la prima guerra mondiale della storia». Il parallelismo col contemporaneo può essere costruito, spiega il curatore, «non c’è dubbio che Roma reagisca alla fine della guerra annibalica mossa da una sindrome della paura simile a quella che seguì l’attacco alle Torri gemelle, ed ebbe come conseguenza la guerra preventiva in Iraq. Vi sono differenze, i 200 mila morti romani non sono i 2300 morti dell’attacco del 11 settembre, ma rappresentano il topos ricorrente di chi ha paura dell’altro». Le sezioni della mostra sono tredici: si parte dall’introduzione geopolitica, si racconta l’area del Mediterraneo prima di Annibale, e dei primi scontri tra Roma e Cartagine nel III secolo a. C. Si descrive Annibale bambino tra i soldati e la sua ascesa fino alla traversata dei Pirenei e delle Alpi. Poi le vittorie romane e la sconfitta finale del condottiero a Zama, in Tunisia, che pone fine alla seconda guerra punica. Si conclude in una sala che mostra le scene del cinema dedicate ad Annibale, tra cui «Cabiria» del 1914, scritto da Gabriele d’annunzio e un cortometraggio realizzato ad hoc da Aldo Zappalà. Per Massimo Toscani, presidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano che ha organizzato la mostra, l’esposizione «oltre a spiegare l’aspetto militare e politico dell’uomo, lo attualizza anche in chiave psicoanalitica. Annibale è una persona che vive nell’odio e non nell’amore: ha giurato odio eterno ai Romani e dedica la sua vita a provare questo sentimento».
Brizzi: «La seconda guerra punica fu la prima guerra mondiale della storia. Oggi è importante ricostruirne le tappe»