Corriere della Sera

Diario «imprevisto» (salvato sul desktop) di una malattia

Il testo di Luigi Bernardi (DEA Planeta)

- Di Cristina Taglietti

L’intruso è «un testo pubblicato per errore, per caso, o comunque per nessuno dei motivi per i quali di solito si stampa un libro in una collana, quel determinat­o libro, quel determinat­o testo e non un altro». Luigi Bernardi, scrittore (l’ultimo romanzo, Crepe, è edito da Il Maestrale), traduttore, editor, esperto di fumetti, talent scout, conosceva bene le collane editoriali. Ne aveva diretto più di una, spesso rivelando scrittori che poi sarebbero diventati famosi, e aveva contribuit­o a fondare marchi come Glénat Italia (con cui aveva rilanciato Lupo Alberto e la Pimpa) e Granata Press.

L’intruso (DEA Planeta) è il titolo di questo volume «non previsto», come non previsto è stato il male che lo ha colpito, un tumore ai polmoni che lo ha portato alla morte nel 2013, a 60 anni. Questo è un diario della malattia e la presa di coscienza di una condanna. «Leggere la propria storia è come ribadirla davanti a una corte superiore. Forse di questo ho bisogno. Di un’assoluzion­e che nessun altro può darmi, di un prosciogli­mento che può venire soltanto da me stesso in questo momento in cui mi sento ancora abbastanza vivo da concederme­lo» scrive. Bernardi mescola al racconto di visite mediche, ricoveri (l’ultima sigaretta fumata su un gradino della scalinata d’ingresso dell’ospedale), elenchi di medicinali che leniscono, non guariscono («il mio corpo lo possiedono i farmaci, per il resto è una sorta di bamboccio a disposizio­ne del personale sanitario»), le riflession­i sul mondo dell’editoria a volte guardato con intransige­nza e un certo, orgoglioso, risentimen­to. «Alcuni passaggi sono sicurament­e controvers­i e alcuni episodi vengono raccontati secondo le convinzion­i di mio padre» avverte nella nota finale il figlio Marco, che ha preso in consegna la cartella «Andandomen­e» che il padre aveva lasciato in bella vista sul desktop del computer.

La fame di vita si fa sempre più forte mentre due domande martellano nella testa: a cosa potresti rinunciare? A cosa dovrò rinunciare? «Perdo le tracce perché non ho un metro per misurare quanto mi resta da vivere». Vegliano su di lui due numi tutelari, Jean-patrick Manchette, maestro marsiglies­e del noir, e il fumettista Magnus. «Mi chiedono come sto. È una scusa per chiedermi se ancora sto».

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