Welfare, i timori di due italiani su tre «Più sanità, lo Stato investa subito»
Al Forum promosso dal gruppo Unipol la ricerca realizzata da Ipsos
mentre il 34% afferma di non pensarci e il 52% di non aver attivato assicurazioni né di volerlo fare. Solo il 22% ha una copertura sanitaria e il 61% non intende sottoscriverla, mentre il 30% ha un piano pensionistico integrativo.
Se sono ben presenti le difficoltà per garantire il welfare con le risorse disponibili, sui possibili interventi non ci si allontana granché dal perimetro pubblico. Il giudizio sui sistemi di welfare è complessivamente negativo (il 61% della popolazione lo boccia con punte del 75% nel Centro Italia, mentre nel Nord Ovest è promosso dal 39%) ma il 54% pensa sia opportuno mantenere tutti i servizi gratuiti o a basso costo solo per chi è in condizioni di povertà e far pagare tutti gli altri. E rispetto in particolare al sistema sanitario (considerato il settore di welfare più importante), quasi l’80% ritiene non possa reggere. Ma che in realtà per renderlo sostenibile nel lungo periodo basterebbe eliminare gli sprechi e la presenza della politica (con i suoi costi eccessivi) per avere i conti a posto. Secondo la ricerca è perciò necessario un cambiamento di approccio che non può essere inerziale: occorrono iniziative di comunicazione in ambito pubblico e privato per stimolare una sorta di «chiamata all’azione» per i cittadini, senza tuttavia suscitare allarmismi.
Conclusioni coerenti con lo spirito dell’iniziativa promossa dal gruppo guidato da Carlo Cimbri e che rappresenta un momento di incontro fra gli attori della cosiddetta «white economy», la filiera del welfare complessivo che rappresenta quasi il 37% del Pil e il 16,5% dell’occupazione del Paese: sanità, assistenza, previdenza (e altro) non possono restare solo un costo a carico dello Stato, ma favorendo l’integrazione pubblico-privato e l’innovazione tecnologica sono in grado di diventare fattore di sviluppo per una crescita equilibrata dell’economia.