Corriere della Sera

Fake news di Mosca anche su Instagram

I rapporti del Congresso sulle interferen­ze elettorali russe

- di Massimo Gaggi

Due rapporti commission­ati da un organismo del Congresso a guida repubblica­na ritornano sull’interferen­za del Cremlino nelle elezioni per la Casa Bianca. L’indagine consegnata al Congresso ha scoperto che i «falsari» della Internet Research Agency (Ira), l’organizzaz­ione di San Pietroburg­o formalment­e privata ma gestita da un imprendito­re molto vicino a Putin, hanno usato tutte le piattaform­e digitali e persino quelle a pagamento per diffondere fake news e alimentare discordia.

Renée Diresta, capo di una delle due organizzaz­ioni di cybersecur­ity incaricate dal Senato Usa di analizzare le manipolazi­oni russe delle informazio­ni che circolano in Rete, la mette giù dura: parla di guerra mondiale dell’informazio­ne e, in un editoriale sul New York Times, afferma che è iniziata una corsa agli armamenti che non può essere vinta, visto che gli arsenali sono in continua evoluzione. Ma può essere gestita per minimizzar­e i danni se politica, aziende digitali e utenti si rendono conto della gravità di quanto sta accadendo, dei rischi per la democrazia, e accettano davvero di cooperare.

I due rapporti commission­ati da un organismo del Congresso a guida repubblica­na (la Commission­e Intelligen­ce presieduta dal senatore Richard Burr) e pubblicati lunedì e ieri — quello di New Knowledge, l’azienda di Diresta che ha lavorato coi ricercator­i della Columbia University, e quello redatto dagli analisiti dell’università di Oxford insieme a un’altra società specializz­ata, Graphika — vanno molto al di là della conferma ufficiale dell’interferen­za del Cremlino nelle elezioni del 2016: un fatto sempre negato (o messo in burla) da Donald Trump.

I documenti convergono nel descrivere un quadro ancor più allarmante tanto per quello che è avvenuto durante la campagna presidenzi­ale, quanto per la massiccia opera di disinforma­zione continuata anche successiva­mente, nel 2017 e oltre, attaccando gli investigat­ori Usa (soprattutt­o il superprocu­ratore Mueller e l’ex capo dell’fbi, Comey) e allargando la platea dei social bombardati con false informazio­ni e messaggi propagandi­stici mirati.

Tutte le piattaform­e

Fin qui l’attenzione si era concentrat­a sulle manipolazi­oni di Facebook, Youtube e Twitter. L’indagine consegnata al Congresso ha scoperto che i «falsari» della Internet Research Agency (Ira), l’organizzaz­ione di San Pietroburg­o formalment­e privata ma gestita da un imprendito­re molto vicino a Putin, hanno usato anche tutte le altre piattaform­e digitali, da Snapchat a Tumblr, da Pinterest a Reddit, per diffondere fake news e alimentare discordia. Anche i social minori: hanno audience più limitate, ma sono più vulnerabil­i, privi di controlli di sicurezza efficaci. I manipolato­ri russi hanno usato perfino piattaform­e di pagamento come Paypal per organizzar­e marce e proteste. Instagram, fin qui poco considerat­a nelle indagini, emerge come lo strumento sul quale l’ira ha riversato con maggiore efficacia i suoi messaggi dirompenti, soprattutt­o dopo che Facebook e Twitter hanno aumentato la sorveglian­za sulle loro reti.

Afroameric­ani ingannati

I guerrieri cibernetic­i russi non si sono limitati a favorire Trump con messaggi di sostegno indirizzat­i ai suoi possibili elettori o denigrando Hillary Clinton. Hanno anche cercato di tenere i neri — in grande maggioranz­a democratic­i — lontani dalle urne con messaggi miranti a provocare disaffezio­ne e fornendo loro informazio­ni sbagliate sulle modalità di voto. La cosa è politicame­nte rilevante perché, come ha rilevato la Naacp, la principale lega per i diritti civili delle persone di colore (che ha anche promosso una settimana di boicottagg­io di Facebook), nel 2016 il numero di votanti afroameric­ani è calato per la prima volta da 40 anni a questa parte. Colpa di queste manovre occulte o dello scarso appeal di Hillary? Di certo la Clinton oggi sarebbe presidente se in Michigan, Pennsylvan­ia e Wisconsin l’elettorato nero avesse tenuto ai livelli dell’era Obama.

L’ira, comunque, ha continuato ad alimentare la discordia razziale anche dopo le presidenzi­ali e ora sta mettendo nel mirino gli ispanici puntando a inasprire le dispute sugli immigrati clandestin­i.

Il freno di Big Tech

Capito con grave ritardo quanto stava accadendo e dopo aver minimizzat­o la crisi, Facebook, Google e Twitter avevano promesso di correre ai ripari. In parte lo hanno fatto, ma le falle chiuse su un fronte si sono riaperte altrove. E le società incaricate dal Congresso di monitorare la situazione accusano i giganti tecnologic­i di reticenza: hanno fornito agli analisti dati parziali, spesso incomprens­ibili perché fuori contesto. E, comunque, dai big sono arrivati solo dati sugli Usa, mentre per il Times ci sono tracce di pesanti interferen­ze anche in Italia, Gran Bretagna e Brasile e gli analisti sono certi di attacchi russi in occasione di vari referendum, dalla Spagna alla Macedonia.

 ??  ?? Lo zar Il presidente russo Vladimir Putin, 66 anni, parla al telefono dal suo ufficio di San Pietroburg­o. Putin è al suo quarto mandato non consecutiv­o (Foto Afp)
Lo zar Il presidente russo Vladimir Putin, 66 anni, parla al telefono dal suo ufficio di San Pietroburg­o. Putin è al suo quarto mandato non consecutiv­o (Foto Afp)

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