Piano: il mio ponte come una nave
«Pergenova» il nome della cordata di imprese. L’opera sarà realizzata entro la fine del 2019
Sarà una la cordata di imprese (Saliniimpregilo, Italferr, Fincantieri) che si chiamerà «Pergenova» a costruire il nuovo ponte. Sarà realizzato, su progetto di Renzo Piano, entro la fine del 2019 e costerà 202 milioni. «Sarà un simbolo per l’italia».
I fogli sparsi sul tavolo dicono quasi più delle parole. Quelli a sfondo azzurro arrivano dritti dalla conferenza stampa dello scorso 7 settembre che illustrava la suggestione originaria di Renzo Piano. Gli altri sono delle simulazioni estratte dalla proposta della cordata Salini-impregilo, Italferr, Fincantieri, che da ieri ha anche un nome, «Pergenova». Il nuovo ponte nascerà da un compromesso tra queste due istanze, che almeno per la parte sottostante dei piloni di sostegno appaiono diverse tra loro. Per un progetto nuovo, definitivo ed esecutivo il tempo non manca. Tre mesi. Forse di più. Perché la demolizione dei monconi e se necessario delle case sottostanti il fu viadotto Morandi non sarà una passeggiata di salute.
L’importante era cominciare. L’urgenza emerge da ogni sillaba pronunciata dal commissario straordinario Marco Bucci, l’urgenza sarà la toppa che giustificherà qualunque eventuale buco in una procedura che ha lasciato dietro di sé qualche malcontento e altrettante minacce di ricorso amministrativo. Dunque ha vinto l’associazione temporanea di impresa che aveva dentro di sé un pezzo di Stato, Fincantieri e Italferr, in linea con i desideri del governo. La commistione tra pubblico e privato ha battuto il privato. Le sorprese non sono mai state all’ordine del giorno.
«Pergenova» ha dato la propria disponibilità a cominciare i lavori di cantierizzazione a partire dal primo febbraio 2019 e terminare quelli di costruzione dell’impalcato in quota, ovvero il ponte vero e proprio, entro il dicembre dell’anno prossimo. La nuova Ati dovrà prendersi il compito di coordinarsi con le aziende che si sono aggiudicate l’appalto di demolizione del Morandi per poter così anticipare «al mese di dicembre 2018» le attività propedeutiche di indagine e bonifica sul territorio.
I costi complessivi sono di 202 milioni di euro. L’ottimismo sparso a piene mani dalle cinque pagine del decreto di assegnazione viene temperato da una precisazione di Bucci. Entro la fine del 2019, d’accordo, «anche se non accessibile». Nella speranza che la buona volontà dimostrata e lo stato di avanzamento dell’opera valgano qualche mese di abbuono.
La commissione esterna incaricata della valutazione aveva ristretto la rosa dei papabili a cinque progetti. Uno di Salini-impregilo, tre di Cimolai, l’ultimo del consorzio SALC-CCCC, ovvero China Communications Construc-
Il fattore psicologico Si è tenuto conto anche dell’avversione dei cittadini per le strutture con parti sospese
tions. Se il vincitore prende tutto, significa che l’idea del sindaco-commissario di scegliere il meglio da ogni progetto è stata riposta nel cassetto. Almeno per il momento. Bucci sottolinea come non si sia trattato di una gara ma di una indagine di mercato con scelta finale delegata a lui. «Questo il progetto migliore? Non per quanto mi riguarda» dice a un certo punto. Una affermazione che potrebbe prestarsi a interpretazioni maliziose, anche se riguardava un discorso più ampio sul metodo usato per giungere a questa conclusione.
Tra i criteri usati per la decisione finale figura anche il rispetto della «avversione psicologica maturata in città» nei confronti dei ponti con parti sospese o strallate. Cimolai mastica amaro, per vie traverse fa sapere che la sua offerta aveva costi più bassi, 175 milioni compresa le demolizione. Al tempo stesso ha scritto ieri mattina al sindaco sostenendo di essere a disposizione con il proprio progettista, Santiago Calatrava, nel caso ce ne fosse bisogno. È il famoso piano B che ancora non esiste, non essendoci un progetto definitivo. A cominciare dai genovesi, tutti sanno che per credere nel rispetto alla lettera del cronoprogramma occorre essere dotati di una fede molto forte. Da ieri pomeriggio almeno c’è qualcosa a cui credere.