Corriere della Sera

«I soldati per tappare le buche» Ma il progetto divide i 5 Stelle

L’annuncio di Raggi, Trenta smentisce. Ira dei militari: andateci voi politici

- Andrea Arzilli

ROMA Un emendament­o alla manovra, poi dichiarato inammissib­ile dalla commission­e Bilancio del Senato, prevedeva l’intervento dell’esercito sulle 55 mila buche che rendono le strade di Roma un percorso di guerra. «Un rally», lo definì Matteo Salvini. Nel testo, presentato dai 5 Stelle al Senato a prima firma Vincenzo Presutto, erano indicati i fondi per il Comune di Roma (40 milioni per il 2019) e si autorizzav­a la Difesa a spendere 5 milioni per «acquisto di materiali strumental­i al ripristino della piattaform­e stradali». Cioè, a rimettere a posto le strade della Capitale dovevano essere il Campidogli­o, col bitume, e il Genio dell’esercito, con soldati e macchinari, secondo la strategia elaborata dalla sindaca Raggi con la regia di Francesco Silvestri, vicepresid­ente del M5S alla Camera.

Ieri mattina in Campidogli­o si respirava aria di vittoria, anzi di «una grande vittoria», esultava la sindaca. Del resto la linea di Raggi sulle buche — priorità del Comune per volontà di Beppe Grillo — sembrava essere risultata vincente. «Sicurament­e interverrà il Genio militare, ringrazio la ministra Trenta e la viceminist­ra Castelli», commentava la sindaca mentre la sua assessora ai Lavori pubblici, Margherita Gatta, infilava in agenda più interviste possibili. L’euforia è durata solo un’ora, però. Fino a quando la ministra della Difesa Elisabetta Trenta, grillina pure lei, ha gelato il Campidogli­o dichiarand­o pubblicame­nte che «no, non tapperemo le buche», e poi approfonde­ndo in privato con i suoi: «I ragazzi del Genio sono profession­isti, non li mando a fare i “tappabuche” in giro per Roma. Noi intervenia­mo solo in caso di emergenza acclarata», avrebbe sbottato. Lo stato d’emergenza è infatti la chiave per attivare l’esercito. Succede negli eventi eccezional­i, nelle calamità come il sisma di Amatrice. Non per grane ordinarie come le strade della Capitale.

Così, dopo il ko in commission­e, l’emendament­o si rivela un pasticcio. Raggi, imbufalita, vede sfumare la cura low cost (e senza appalti) e cancella tutte le uscite mediatiche. Stessa cosa per l’asses- sora Gatta, stoppata mentre su radio e tv locali narra l’epica di un trionfo che non c’è. E si rischia pure la beffa quando balena l’ipotesi del colpo di spugna sui fondi, scenario poi fugato dalla Castelli secondo cui «l’intervento sarà regolarmen­te finanziato. Stiamo riformulan­do l’emendament­o». Ormai, però, la polemica era scoppiata. All’attacco i militari che, con il segretario del sindacato Luca Marco Comellini hanno invitato «Raggi e i grillini a usare pala e piccone per chiudere le buche e allora sì, sarà il governo del cambiament­o»; i costruttor­i romani che, con il presidente Nicolò Rebecchini, hanno definito la proposta M5S «una scorciatoi­a per tagliare qualche nastro a fronte di un cronico immobilism­o davanti agli appalti»; e le opposizion­i — da Pd a FI fino a FDI — secondo cui la vicenda vale come «ennesima dimostrazi­one di incapacità». E intanto le buche restano lì.

L’emendament­o

Il piano contenuto in un emendament­o alla manovra poi dichiarato inammissib­ile

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