«I soldati per tappare le buche» Ma il progetto divide i 5 Stelle
L’annuncio di Raggi, Trenta smentisce. Ira dei militari: andateci voi politici
ROMA Un emendamento alla manovra, poi dichiarato inammissibile dalla commissione Bilancio del Senato, prevedeva l’intervento dell’esercito sulle 55 mila buche che rendono le strade di Roma un percorso di guerra. «Un rally», lo definì Matteo Salvini. Nel testo, presentato dai 5 Stelle al Senato a prima firma Vincenzo Presutto, erano indicati i fondi per il Comune di Roma (40 milioni per il 2019) e si autorizzava la Difesa a spendere 5 milioni per «acquisto di materiali strumentali al ripristino della piattaforme stradali». Cioè, a rimettere a posto le strade della Capitale dovevano essere il Campidoglio, col bitume, e il Genio dell’esercito, con soldati e macchinari, secondo la strategia elaborata dalla sindaca Raggi con la regia di Francesco Silvestri, vicepresidente del M5S alla Camera.
Ieri mattina in Campidoglio si respirava aria di vittoria, anzi di «una grande vittoria», esultava la sindaca. Del resto la linea di Raggi sulle buche — priorità del Comune per volontà di Beppe Grillo — sembrava essere risultata vincente. «Sicuramente interverrà il Genio militare, ringrazio la ministra Trenta e la viceministra Castelli», commentava la sindaca mentre la sua assessora ai Lavori pubblici, Margherita Gatta, infilava in agenda più interviste possibili. L’euforia è durata solo un’ora, però. Fino a quando la ministra della Difesa Elisabetta Trenta, grillina pure lei, ha gelato il Campidoglio dichiarando pubblicamente che «no, non tapperemo le buche», e poi approfondendo in privato con i suoi: «I ragazzi del Genio sono professionisti, non li mando a fare i “tappabuche” in giro per Roma. Noi interveniamo solo in caso di emergenza acclarata», avrebbe sbottato. Lo stato d’emergenza è infatti la chiave per attivare l’esercito. Succede negli eventi eccezionali, nelle calamità come il sisma di Amatrice. Non per grane ordinarie come le strade della Capitale.
Così, dopo il ko in commissione, l’emendamento si rivela un pasticcio. Raggi, imbufalita, vede sfumare la cura low cost (e senza appalti) e cancella tutte le uscite mediatiche. Stessa cosa per l’asses- sora Gatta, stoppata mentre su radio e tv locali narra l’epica di un trionfo che non c’è. E si rischia pure la beffa quando balena l’ipotesi del colpo di spugna sui fondi, scenario poi fugato dalla Castelli secondo cui «l’intervento sarà regolarmente finanziato. Stiamo riformulando l’emendamento». Ormai, però, la polemica era scoppiata. All’attacco i militari che, con il segretario del sindacato Luca Marco Comellini hanno invitato «Raggi e i grillini a usare pala e piccone per chiudere le buche e allora sì, sarà il governo del cambiamento»; i costruttori romani che, con il presidente Nicolò Rebecchini, hanno definito la proposta M5S «una scorciatoia per tagliare qualche nastro a fronte di un cronico immobilismo davanti agli appalti»; e le opposizioni — da Pd a FI fino a FDI — secondo cui la vicenda vale come «ennesima dimostrazione di incapacità». E intanto le buche restano lì.
L’emendamento
Il piano contenuto in un emendamento alla manovra poi dichiarato inammissibile