Salvini e gli ultrà, l’affondo M5S: «Meglio evitare»
Lui replica alla ministra Grillo: «Lo rifarei» Alla kermesse anche altri nomi controversi
MILANO Nella foto di gruppo, sul palco dell’arena civica di Milano, c’era il gotha della curva del tifo rossonero. Vecchio e nuovo insieme, con l’anima storica della «Fossa dei leoni» Roberto Bertoglio, «il Barone» Giancarlo Capelli, i fratelli Luca e Francesco Lucci, Marco Pacini e Giancarlo «Sandokan» Lombardi. Nomi che dicono molto nel controverso mondo ultrà, al centro delle più importanti inchieste giudiziarie sul tifo rossonero ma anche contro traffico di droga e riciclaggio per conto dei clan di Cosa Nostra .
E nomi che il ministro dell’interno Matteo Salvini non poteva non conoscere. Tanto più per uno che rivendica la sua appartenenza «fin da ragazzino» alla curva milanista. Il leader del Carroccio, dopo le polemiche scatenate dal saluto con Luca Lucci, pregiudicato e leader della Curva sud, alla festa di domenica, rilancia: «L’ho fatto, lo rifarei. In mezzo a molte brave persone, magari c’è qualcuno con problemi in passato. Perché il mio obiettivo è risolvere i problemi, se questo mi comporta qualche polemica vado avanti e tiro dritto».
Il capo del Viminale dice di essersi presentato alla festa per «riportare un po’ di tranquillità dentro e fuori gli stadi e disimpegnare un po’ di ragazzi e ragazze delle forze dell’ordine». Il ministro ha anche annunciato che «nei prossimi giorni» parlerà «con tutti gli interlocutori: società di calcio, arbitri, pubblica sicurezza e tifoserie organizzate». «La Lega è stata molto fiscale contro di noi, Maroni ha inventato la tessera del tifoso. Salvini è un’altra Lega, speriamo...», ha detto il Barone Capelli, 70 anni, da 50 in Curva Sud. Ma la «pezza» di Salvini non ferma le polemiche che scalfiscono anche parte della maggioranza con il ministro della Salute Giulia Grillo (M5S): «Non mi è piaciuto. L’avrei totalmente evitato».
Nelle stesse ore in cui il ministro era con i capi della curva rossonera, dal suo account social partiva un messaggio di solidarietà al carabiniere ferito a Roma negli scontri con gli ultrà laziali. Un controsenso? Sì, ma perfettamente inserito nella strategia comunicativa adottata da Salvini che può contare su un ampio consenso anche all’interno delle forze dell’ordine. Basti pensare che, a parte una breve dichiarazione al sito del Fatto quotidiano rilasciata dal segretario Silp Cgil Daniele Tissone («Non è un bel segnale») il resto delle organizzazioni sindacali ha dribblato l’argomento. Tanto che ieri, in un comunicato di 3 pagine del Siulp, non si fa cenno alla polemica. Ma che la curva rossonera sia guidata da personaggi con un passato di condanne e Daspo non è un mistero. Eppure la manifestazione ha ricevuto il patrocinio da Palazzo Marino, con tanto di conferenza stampa di presentazione in municipio. Senza la presenza di Lucci, ma con Marco Pacini, coinvolto con lui nell’inchiesta sul ferimento di un tifoso nerazzurro nel derby del 2009. Sul palco dell’arena, insieme alle vecchie glorie del Milan, anche Giancarlo Lombardi, in rapporti con il capo dei Viking della Juve Loris Grancini (13 anni per tentato omicidio).
«Sandokan» ha guidato il tifo rossonero prima di essere arrestato per l’estorsione al Milan (condanna a 3 anni e 8 mesi) e per una vicenda di riciclaggio con il clan Fidanzati di Cosa Nostra. Poi il passaggio della Curva nelle mani di Lucci che a settembre ha patteggiato 1 anno e mezzo per droga.
A Milano
La manifestazione, con tifosi condannati o con Daspo, aveva il patrocinio del Comune