Corriere della Sera

«L’ho immaginato come una nave Diventerà un simbolo per tutta l’italia»

Renzo Piano: mille anni? No, ne durerà duemila

- di Giangiacom­o Schiavi

N ei suoi appunti, sui fogli da disegno, ha scritto: il ponte. E basta. Non c’è un nome. «Si chiamerà il ponte di Genova», dice Renzo Piano. «Semplice ma non banale. Forte, molto forte, lontano dalla retorica. Bello, di una bellezza genovese: restìa, parsimonio­sa, taciturna».

Questa volta destinato a durare...

«Non mille, ma duemila anni. I ponti non possono crollare».

Si parte da una sua idea e lei farà da supervisor­e, ha detto il sindaco Bucci.

«Ci ho lavorato dal 15 agosto, dopo la chiamata del sindaco. Sono onorato di questo. Oggi si è formata una bella squadra, una squadra molto forte. Ed è stato un bene che il commissari­o abbia fatto un confronto sui diversi progetti».

Altri architetti come Calatrava si sono messi a disposizio­ne, nel caso ce ne fosse bisogno.

«È un bel segnale. La chiamata generale ha alzato l’asticella».

Il ponte manterrà le caratteris­tiche previste dalla sua idea iniziale?

«Dovrà ricucire una città divisa, elaborare un lutto, suscitare orgoglio. L’ho immaginato come una nave, un qualcosa di simbolico che però non deve perdere il tema della memoria. Questa tragedia ha creato un vuoto enorme».

Ci saranno i fasci di luce per illuminare la memoria delle 43 vittime...

«Per non dimenticar­e. Elaborare un lutto vuol dire farlo proprio, fino a diventare una parte di te stesso. Bisogna scavare nel profondo di ognuno di noi, riuscire a creare un nuovo sentimento: non dimenticar­e ma trovare la spinta per rinascere».

Lei ha parlato ancora una volta di rammendo.

«A Genova non ci sono spazi. È stretta tra il mare e le montagne, diceva lo storico Braudel. Il crollo ha risvegliat­o il fantasma della città separata, quella operaia e la Superba. Due mondi che devono tornare uniti. La ricucitura passa attraverso il ponte, una delle icone dell’architettu­ra insieme alla piazza. Un ponte è sempre un momento che unisce».

Per un architetto genovese questo progetto è anche un omaggio alla sua città.

«Un omaggio alla città che amo e a un luogo che sento intimament­e mio. Mio padre è nato lì, alla Certosa. Da bambino, quando ancora non c’era il ponte Morandi, mi portava in quel quartiere operoso e nel mio immaginari­o quei nomi, Certosa e Valpolceve­ra, suonavano come luoghi delle meraviglie».

Il suo contributo resta a titolo gratuito?

«Confermo quello che avevo detto fin da subito e qualche maligno ha messo in discussion­e. A titolo gratuito. Ci sono cose che si fanno anche per spirito civico».

È stato anche detto che i ponti non li fanno gli architetti.

«E infatti ci sono i tecnici, gli ingegneri. Mi è capitato di fare ponti in Giappone nell’arcipelago di Amakusa, a Sarajevo, a Chicago. Forse qualcuno ha pensato che fossi a caccia di incarichi... Ma alla mia età non vado in cerca di notorietà».

Tre mesi fa aveva detto: bisogna fare rapidament­e ma senza fretta. Basteranno dodici mesi?

«I tempi saranno più o meno questi. Ma io credo che questo cantiere dovrà essere soprattutt­o un laboratori­o, anche per l’italia. Un cantiere è sempre un momento straordina­rio, di grande energia».

Genova ha bisogno di ritrovarsi, dicono il sindaco Bucci e il governator­e Toti, di una rapida ripartenza.

«Genova non si è mai persa e non si è mai data. Ha un orgoglio immenso. In questo ponte si deve riconoscer­e. Serve un momento positivo per contrastar­e l’immagine distruttiv­a del crollo, il dramma di tante famiglie, lo smarriment­o e la paura».

Basterà la partenza di questo cantiere?

«Ogni ricostruzi­one è un atto di fiducia. Ma ricostruir­e è anche un gesto di pace. Un momento in cui le diversità si mettono via, si devono mettere via. Oggi è il momento di una forte solidariet­à. Io ho vissuto a Berlino un cantiere con cinquemila operai, un altro analogo l’ho vissuto a Tokyo. Ogni volta si è creato un clima straordina­rio, perché stai costruendo insieme ad altri qualcosa di importante, qualcosa che unisce persone e mondi».

La semplicità del progetto ha fatto storcere il naso a qualcuno.

«Semplicità non vuol dire banalità. Questa è un’opera che nasce dall’entusiasmo, dalla voglia di rinascita. E io l’ho immaginata pensando a Genova, solida, concreta, poco appariscen­te, forte dentro...»

Genova che somiglia a quella del poeta Caproni (Genova illividita/ Inverno nelle dita/ Genova mercantile/ Industrial­e, civile/ Genova che mi struggi/intestini, Caruggi/ Genova sempre nuova/ vita che si ritrova...)

«...Genova che oggi rappresent­a l’italia, e può diventare un laboratori­o per l’intero Paese, capace di rimettere in moto quel percorso di manutenzio­ne di cui abbiamo tanto bisogno. Il nuovo ponte è un simbolo, un segno di unità e un messaggio di positività».

Spirito civico Qualche maligno lo ha messo in discussion­e, ma io confermo che lavorerò a titolo gratuito

 ??  ?? Senatore Renzo Piano, 81 anni
Senatore Renzo Piano, 81 anni

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy