Le sorelle antimafia: ecco chi ci minacciò
Palermo, in tre resistono ai boss. Giletti, querelato per i servizi in tv: «Al loro fianco contro l’omertà»
PALERMO Dopo nove mesi di trasmissioni di Massimo Giletti, i nomi di mafiosi e presunti amici dei boss di Mezzojuso fatti dalle sorelle Irene, Anna e Gioacchina Napoli su La7 echeggiano a Palazzo dei Normanni. All’assemblea regionale. Durante un’udienza della Commissione antimafia presieduta da Claudio Fava per ascoltare le tre sorelle di ferro, decise a resistere alla mafia che voleva mettere le mani sull’azienda agricola lasciata dal padre, stessa area in cui si rifugiava da latitante Bernardo Provenzano.
Una storia esplosa lo scorso marzo, quando Giletti prese le difese delle donne disperate davanti alle vacche «selvatiche» che qualcuno faceva scorrazzare sui loro campi per distruggere il raccolto. Selvatiche ma non troppo, visto che alcune avevano i marchi del vicino Istituto zootecnico.
E adesso è il conduttore, alla luce di denunce sempre più dettagliate, a fare un bilancio amaro di silenzi e complicità che non risparmiano il consiglio comunale del paese: «Non avrei mai pensato di trovare un malessere tanto strutturale. Pensavo fosse solo ● La loro vicenda è da mesi uno dei temi della trasmissione «Non è l’arena» su La7. Il sindaco di Mezzojuso Salvatore Giardina ha querelato il giornalista Massimo Giletti (foto sopra) una storia legata all’invasione delle vacche. Cosa già di per sé grave. Ma non un mondo inquietante, fatto di omertà e paura. Spero di avere scosso la coscienza delle persone oneste di Mezzojuso».
Le luci si sono accese, però, su una piazza surreale dove l’inviato Danilo Lupo e anche la ex onorevole Nunzia De Girolamo si collegavano senza nessuno accanto, isolati dal sindaco Salvatore Giardina e dai consiglieri comunali, a loro volta protagonisti di un imbarazzo motivato ieri dalle tre sorelle in Commissione. Rivelando il nome del boss che già nel 1998 lanciò contro di loro una raffica di pietre per convincerle a svendere: «Fu Antonio Tantillo, detto Nenè, il padre dell’attuale presidente del consiglio comunale Giovanni».
Episodio avvenuto quando era già in coma il padre, Salvatore Napoli. Un cognome che echeggia nelle parole di un generale dei carabinieri in pensione, pronto a sostenere di avere appreso di «presunti rapporti tra il padre delle sorelle e il boss Provenzano, pur non ricordando il nome di battesimo». E confondendo, come sostengono le tre paladine, «quell’uomo in fin di vita con un omonimo, Giovanni Napoli, già in carcere perché autista di Provenzano e primo cugino del padre della vice sindaca, Giorgia Napoli». Quanto basta all’avvocato che difende le sorelle, Giorgio Bisagna: «In azione la macchina
L’audizione
Ieri sono state sentite a Palermo dalla Commissione antimafia siciliana
del fango».
Ultimo nome fatto ieri quello di Simone La Barbera, «l’uomo delle vacche», appena arrestato per le estorsioni lungo l’asse Palermo-mezzojuso, figlio di «Don Cola», il boss che faceva da vivandiere a Provenzano: «Simone è cugino di un impiegato, Giuseppe La Barbera. A sua volta cognato del sindaco Giardina». Una catena da approfondire anche se quest’ultimo ha pure querelato Giletti. E il giornalista, che il 7 gennaio dovrà presentarsi davanti al Gip, pensando a quella piazza lasciata vuota attorno agli inviati s’aggrappa a Pirandello: «Ho conosciuto pochi volti e molte maschere. Credo che la storia di Mezzojuso si racchiuda bene in questa frase. So quanto sia stato difficile per le tre sorelle andare dai carabinieri. È il vero atto di coraggio». Infine un accenno alla loro fortuna: «Quella di avere trovato in caserma “un vero uomo” come il capitano Bellodi nel “Giorno della civetta”, il maresciallo Pietro Saviano...». In lotta
Da sinistra Irene, Anna e Gioacchina Napoli nella campagna di Mezzojuso, in provincia di Palermo: hanno subìto minacce di tipo mafioso