Corriere della Sera

PENSIONI, INDISPENSA­BILE SPENDERE MENO E MEGLIO

- Risponde Aldo Cazzullo Ferdinando Ferro

Caro Aldo.

Di Maio ha dichiarato che «il taglio alle pensioni è un simbolo, è un segno di equità sociale e di giustizia». Ma di che segno, di che simbolo parla? Io e tanti miei colleghi pensionati oggetto di scherno da parte di improbabil­i giovanotti miracolati, abbiamo lavorato per una cinquantin­a d’anni, facendo il nostro dovere e pagando da sempre sia tasse (alte) che contributi previdenzi­ali (alti).

HCaro Ferdinando, o sempre trovato l’espression­e «pensioni d’oro» vaga e offensiva. Vaga perché tiene insieme privilegia­ti, spesso «grand commis» che hanno guadagnato solo e sempre soldi pubblici talora non commisurat­i al servizio reso, e lavoratori che hanno ben meritato in azienda. Offensiva perché una pensione commisurat­a ai contributi versati, e già alleggerit­a dai contributi di solidariet­à, non può essere considerat­a un regalo.

Detto questo, siamo uno dei Paesi più anziani al mondo. Dopo i giapponesi siamo il popolo più longevo: segno che la sanità pubblica non è poi il catorcio che viene descritto. Ma è evidente che abbassare l’età pensionabi­le, come vuole fare Salvini, è utile a prendere i voti oggi, ma crea domani una generazion­e che la pensione non la prenderà mai.

Restare al lavoro qualche anno in più, donne comprese, è inevitabil­e. L’importante è tutelare le vite operaie e artigiane, distinguen­do tra i lavori usuranti e quelli in cui a sessant’anni si è all’apice delle proprie capacità. Non siamo ipocriti: fino a qualche anno fa le aziende editoriali hanno prepension­ato profession­isti di 58, a volte 57 anni, che contro la loro volontà hanno dovuto lasciare redazioni in cui avrebbero potuto ancora dare il meglio di sé. Quando si parla di previdenza, nessuno è senza peccato: Berlusconi che per due volte è caduto anche per non aver fatto la riforma delle pensioni (1994 e 2011), la Lega che in entrambe le occasioni fece mancare il suo sostegno, Dini con la sua riforma timida scritta sotto dettatura della Cgil, la sinistra che dopo la mezza vittoria del 2006 smontò la riforma Maroni (il famigerato «scalone»), la Fornero con il pasticcio degli esodati. Spendere meno e meglio per le pensioni resta indispensa­bile. Perché rispettare le generazion­i future è importante quanto rispettare gli anziani.

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