Corriere della Sera

«Non ignoriamo i bambini siriani senza famiglia»

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Guardiamoc­i attorno; abbiamo ogni cosa di cui abbiamo bisogno, ma soprattutt­o, abbiamo una famiglia. Ciò che però mi fa torcere lo stomaco è il fatto che molti bambini non abbiano una madre o un padre, che abbiano visto i propri genitori morire davanti ai propri occhi. Orfani che vagano per le strade della Siria, martoriate dallo scoppiare di proiettili, alla ricerca della propria famiglia, ragazzini che hanno perso la cosa più preziosa che avevano. Ragazzi che non possono fissare il cielo, per paura di cogliere qualche altro astro della morte. La famiglia, una cosa che a noi pare così ovvia, vaga nei desideri delle piccole vittime della guerra, fanciulli che desiderano solamente una madre che asciughi il loro pianto. È forse giusto che un bambino debba desiderare l’amore? Che debba sognare l’affetto? E al contempo si disperano i padri e le madri, che piangono sulle macerie, sui corpi dei loro figli. La chiamano guerra civile, ma cosa c’è di civile in una guerra che falcia la vita e le famiglie di migliaia di orfani? Una lettera rivolta ai propri genitori è stata trovata nelle tasche di una bambina siriana, uccisa in una sparatoria: «Mamma, papà, fratelli, sorelle ed amici, vi voglio tanto bene, più di ogni altra cosa. Mi dispiace se morirò. Addio per sempre. Vi amo tutti». Che cosa si può provare udendo queste parole inascoltat­e, parole fatte di sangue, di dolore ignorato da tutti?

Simone Sperotto

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In Siria, ma non solo in quel Paese, il numero dei bimbi rimasti senza genitori , uccisi a causa della guerra, continua a crescere

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