Corpi intermedi e coesione sociale
Caro Direttore, ha fatto bene Dario Di Vico a sottolineare sul Corriere la convergenza di sindacati ed associazioni di impresa sulla necessità di favorire una maggiore crescita, l’urgenza di sbloccare i cantieri e gli investimenti in infrastrutture, innovazione, ricerca, formazione. Domani faremo tre grandi iniziative sindacali a Milano, Roma, Napoli per mandare un segnale chiaro al Governo ed alle forze politiche che lo sostengono: bisogna rendere più vantaggiose le assunzioni a tempo indeterminato dei giovani, soprattutto nel Mezzogiorno; finalizzare i sussidi di assistenza ad un progetto di politiche attive e di formazione delle nuove competenze di cui le aziende hanno bisogno; stanziare più fondi per la scuola, la ricerca, l’università; ridurre le aliquote fiscali non come «regalo» elettorale ad alcune categorie professionali, ma per sostenere i redditi dei lavoratori e dei pensionati in modo da stimolare i consumi interni. Nei momenti difficili della vita del nostro paese, i corpi intermedi si sono rivelati indispensabili per la coesione sociale. Fu così esattamente vent’anni fa con la scelta di appoggiare l’ingresso dell’italia nell’euro, che come ricordava spesso il premio Nobel Modigliani, avvenne grazie agli accordi di concertazione ed alla scelta del sindacato, della Cisl soprattutto, di sostenere la politica dei redditi. I governi degli ultimi anni hanno pensato di essere autosufficienti e di poter saltare il momento della mediazione sociale, così indispensabile nelle società complesse. Ecco perché la ritrovata fase di dialogo tra il governo ed i corpi intermedi fa ben sperare. Noi stiamo già riorganizzando il nostro modo di fare sindacato, con la vitalità innovativa della contrattazione nazionale, di categoria e di territorio, reclamando regole serie per misurare la rappresentanza di imprese e sindacati per combattere i troppi contratti «pirata». Ma soprattutto rappresentando i bisogni dei giovani e dei più deboli. Vogliamo costruire un società più equa, dove i diritti, la giustizia sociale, l’opportunità di una formazione per tutti siano le basi di un nuovo modello economico fondato sulla tutela della persona e la dignità del lavoro.