Corriere della Sera

Unicredit-caius, i danni al mercato che il fondo speculativ­o ora deve risarcire

- Fabrizio Massaro

Non è vero che il capitale di Unicredit sia da ridurre a causa di una particolar­e categoria di bond, i Cashes emessi nell’ormai lontano 2008-2009 dalla banca per 2,98 miliardi di euro. O che, per mantenere quel livello di patrimonio, l’istituto deve convertirl­i in azioni. La contestazi­one presso l’eba (l’autorità bancaria europea) del bilancio del colosso italiano guidato da Jean Pierre Mustier era stata portata avanti a partire dal maggio scorso da un fondo speculativ­o, Caius Capital, fondato due anni fa dai finanzieri António Batista e William Douglas, che aveva chiari intenti speculativ­i nel sollecitar­e la banca a convertire i bond in azioni, dato che secondo il Financial Times su quei bond aveva scommesso al ribasso. La pressione sulla banca — che aveva creato tensioni sul titolo in una fase di particolar­e volatilità del mercato italiano — era stata di una intensità inedita: un sito aperto apposta per criticare il bond e la sponda del Ft per dare evidenza alle tesi di Caius. Ieri Ceo Jean Pierre Mustier, 57 anni: dal 2016 amministra­tore delegato di Unicredit però è stato costretto alla retromarci­a: ha raggiunto una transazion­e con la banca, che si era difesa citando Caius al tribunale di Milano per avere 90 milioni di risarcimen­to danni, dando piena ragione a Unicredit. L’accordo prevede che Caius versi una cifra (segreta) in risarcimen­to e faccia alcune dichiarazi­oni pubbliche «per mettere fine alle preoccupaz­ioni sollevate». Un’autentica ammenda di fronte al mercato, insomma: «Caius continua a ritenere che Unicredit sia un leader del settore bancario europeo con una solida capitalizz­azione». Ma c’è di più: Caius riconosce che l’eba già a luglio aveva rigettato la richiesta di aprire un’indagine sul trattament­o regolament­are dei Cashes. Ora il fondo si asterrà «da ulteriori discussion­i o dichiarazi­oni pubbliche» sulla banca e a chiudere «con effetto immediato» il sito aperto per attaccare Unicredit. Tanto rumore per nulla. Ma con danni veri sul mercato.

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