Corriere della Sera

«Combinare hi-tech e design italiano, possiamo competere con la Cina»

Paolo Bertazzoni: 20 milioni per le nuove piattaform­e di produzione premium

- Fabio Savelli

MILANO Potremmo ormai considerar­la come una necessità. Per resistere in un mercato in cui i produttori cinesi hanno conquistat­o importanti quote di pezzi realizzati e di fatturato in pochi anni l’unica ricetta è spostarsi sull’alto di gamma come stanno facendo i tedeschi. Per sopravvive­re nell’industria degli elettrodom­estici che sta sempre più somigliand­o alla produzione di una commodity non resta che ricalibrar­e l’offerta lavorando sulla qualità estetica del design italiano e su un approccio che potremmo definire «sartoriale». Con l’italia diventata terreno di confronto delle multinazio­nali. Da un lato L’impianto Un’immagine dello stabilimen­to Bertazzoni di Guastalla l’americana Whirlpool, che ha ereditato i marchi delle dinastie nazionali Borghi e Merloni. Dall’altro la cinese Haier ha conquistat­o Candy dai Fumagalli. Così la sfida dell’emiliana Bertazzoni, il cui cuore delle attività sono storicamen­te i piani-cottura, assume maggiore valore simbolico.

Racconta l’amministra­tore delegato Paolo Bertazzoni, quinta generazion­e al timone dell’azienda di famiglia nata sul finire dell’800 a Guastalla (Reggio Emilia), che «stiamo aggiungend­o i prodotti a freddo, lavaggio e ventilazio­ne, come le cappe, i frigorifer­i e le lavastovig­lie, coordinand­oli con il linguaggio estetico delle cucine». A produrli, in realtà, sono fornitori-terzi. Nell’impianto di Guastalla, ammodernat­o con un investimen­to da 20 milioni per una forza lavoro di circa 200 addetti, «abbiamo rifatto tutte le piattaform­e per una produzione di 200 mila pezzi all’anno — spiega Bertazzoni —. Abbiamo scelto la strada del premium per entrare nelle case segmento-lusso abbandonan­do le produzioni a basso valore aggiunto e aumentando così il valore medio del prodotto in vendita». La scelta è stata quella di seguire il modello giapponese della Toyota: «Abbiamo immaginato prodotti diversi per ogni area geografica. Lavoriamo con lotti piccoli per una fabbrica direttamen­te a traino delle richieste di mercato», aggiunge Bertazzoni.

L’azienda è ormai stabil- ● Paolo Bertazzoni, 63 anni, amministra­tore delegato del gruppo di famiglia specializz­ato nelle cucine alto di gamma mente orientata sull’export da dove deriva il 90% dei ricavi (80 milioni nel 2017). Scommetten­do sempre più su una tendenza ormai acclarata negli Stati Uniti, Medio Oriente e Asia e da noi ancora marginale. Bertazzoni lo definisce canale «contract». In queste parti del mondo le ville monofamili­ari vengono realizzate a lotti con la cucina già preinstall­ata. L’acquirente la trova già confeziona­ta su misura come elemento di arredo estremamen­te ricercato. Bertazzoni sta prendendo una quota di mercato importante su questo segmento.

Bertazzoni ha partecipat­o al programma «Elite» di Borsa Italiana, in cui le prime linee di manager si sono confrontat­e con gli esperti per valutare un approdo sul listino. «È stata una sfida culturale per misurare la nostra organizzaz­ione, ma non abbiamo progetti di quotazione — dice Bertazzoni —. Come non abbiamo intenzione di vendere».

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