«Combinare hi-tech e design italiano, possiamo competere con la Cina»
Paolo Bertazzoni: 20 milioni per le nuove piattaforme di produzione premium
MILANO Potremmo ormai considerarla come una necessità. Per resistere in un mercato in cui i produttori cinesi hanno conquistato importanti quote di pezzi realizzati e di fatturato in pochi anni l’unica ricetta è spostarsi sull’alto di gamma come stanno facendo i tedeschi. Per sopravvivere nell’industria degli elettrodomestici che sta sempre più somigliando alla produzione di una commodity non resta che ricalibrare l’offerta lavorando sulla qualità estetica del design italiano e su un approccio che potremmo definire «sartoriale». Con l’italia diventata terreno di confronto delle multinazionali. Da un lato L’impianto Un’immagine dello stabilimento Bertazzoni di Guastalla l’americana Whirlpool, che ha ereditato i marchi delle dinastie nazionali Borghi e Merloni. Dall’altro la cinese Haier ha conquistato Candy dai Fumagalli. Così la sfida dell’emiliana Bertazzoni, il cui cuore delle attività sono storicamente i piani-cottura, assume maggiore valore simbolico.
Racconta l’amministratore delegato Paolo Bertazzoni, quinta generazione al timone dell’azienda di famiglia nata sul finire dell’800 a Guastalla (Reggio Emilia), che «stiamo aggiungendo i prodotti a freddo, lavaggio e ventilazione, come le cappe, i frigoriferi e le lavastoviglie, coordinandoli con il linguaggio estetico delle cucine». A produrli, in realtà, sono fornitori-terzi. Nell’impianto di Guastalla, ammodernato con un investimento da 20 milioni per una forza lavoro di circa 200 addetti, «abbiamo rifatto tutte le piattaforme per una produzione di 200 mila pezzi all’anno — spiega Bertazzoni —. Abbiamo scelto la strada del premium per entrare nelle case segmento-lusso abbandonando le produzioni a basso valore aggiunto e aumentando così il valore medio del prodotto in vendita». La scelta è stata quella di seguire il modello giapponese della Toyota: «Abbiamo immaginato prodotti diversi per ogni area geografica. Lavoriamo con lotti piccoli per una fabbrica direttamente a traino delle richieste di mercato», aggiunge Bertazzoni.
L’azienda è ormai stabil- ● Paolo Bertazzoni, 63 anni, amministratore delegato del gruppo di famiglia specializzato nelle cucine alto di gamma mente orientata sull’export da dove deriva il 90% dei ricavi (80 milioni nel 2017). Scommettendo sempre più su una tendenza ormai acclarata negli Stati Uniti, Medio Oriente e Asia e da noi ancora marginale. Bertazzoni lo definisce canale «contract». In queste parti del mondo le ville monofamiliari vengono realizzate a lotti con la cucina già preinstallata. L’acquirente la trova già confezionata su misura come elemento di arredo estremamente ricercato. Bertazzoni sta prendendo una quota di mercato importante su questo segmento.
Bertazzoni ha partecipato al programma «Elite» di Borsa Italiana, in cui le prime linee di manager si sono confrontate con gli esperti per valutare un approdo sul listino. «È stata una sfida culturale per misurare la nostra organizzazione, ma non abbiamo progetti di quotazione — dice Bertazzoni —. Come non abbiamo intenzione di vendere».