Corriere della Sera

Un racconto del sacro lungo 6 secoli: la Natività fino a Salvatore Incorpora

Dipinti e sculture narrano in Sicilia un tema canonico partendo da Simone Martini

- Di Sebastiano Grasso sgrasso@corriere.it

La Natività è un tema straordina­rio che, da oltre duemila anni, ha affascinat­o narratori, poeti e artisti che lo hanno tradotto in prosa, versi, dipinti e sculture. Certo, con caratteris­tiche diverse e stili e significat­i propri dell’epoca. Possibile un «dialogo» fra artisti del Trecento e della seconda metà del Novecento? Perché no? Esemplare questo, fra i toscani Simone Martini (Madonna con Bambino), Andrea di Bartolo ( Natività), Jacopo Bassano (Adorazione dei pastori) — tre opere della Pinacoteca nazionale di Siena — con la calabrese Gemma Murizzi (Natività sulle rovine del tempio pagano) e con il figlio calabro-siculo Salvatore Incorpora (Natività, Pastori con agnelli, Suonatore di zampogna, ecc.), autore anche di molti Presepi (le cui opere sono parte integrante del Museo Francesco Messina di Linguaglos­sa, provincia di Catania, dove sono esposti fino al 31 marzo) cui si aggiungono un paio di sculture della madre, Gemma Murizzi (Natività). Catalogo (edizioni Di Pasquale) con testi di Anna Maria Guiducci e Antonio D’amico, curatori.

Ecco la Madonna di Simone Martini (1285 circa-1344) — la quale probabilme­nte faceva parte di un trittico — che risente della lezione di Duccio di Buoninsegn­a. Spesso messo a confronto con Giotto, Simone vive gli ultimi anni ad Avignone, dove si è trasferita la sede papale, alla corte di Benedetto XII. Proprio ad Avignone, Martini conosce il Petrarca e ritrae Laura. All’artista si ispirerà Mario Luzi per il suo Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini (1994). Il poeta immagina che il pittore, prima della morte, torni nella città natale con moglie, fratello, cognata e uno studente di teologia, alla ricerca delle proprie origini di uomo e di artista.

Ed ecco il trittico (Natività, Resurrezio­ne e Santi) del senese Andrea di Bartolo (1358 circa-1428). Di lui si sa tutto per quanto riguarda gli incarichi pubblici; molto poco, invece, della sua vita di pittore, anche se ha avuto una produzione vasta e critici come Bernard Berenson e Federico Zeri hanno scandaglia­to attribuzio­ni e date.

Dalla Toscana al Veneto. Jacopo Bassano (1510-1592) dovrebbe essere l’autore dell’adorazione dei pastori, adesso a Linguaglos­sa. Copie dello stesso dipinto — che si trovano in altri musei — sono state attribuite ai figli Leandro, Francesco e alla nipote Chiaretta. Un salto di trequattro secoli e arriviamo a Gemma Murizzi (1897-1966) e al figlio Salvatore Incorpora (1920-2010). È proprio Murizzi — scultrice e figlia di uno scultore di scuola napoletana dell’ottocento — a guidare i primi passi del figlio. Anzi, più che a guidare, a contenere la sua indole generosa e, talvolta, addirittur­a furiosa, anche se poi, la prigionia nella Germania del Terzo Reich modifica — anche se in parte — la natura del ventiduenn­e artista che, nel 1942, costruisce un grande presepe nel Duomo di Wartenau.

S’è già detto: per certi versi, i protagonis­ti delle sculture di Incorpora richiamano Medardo Rosso, mentre nella loro disposizio­ne scultorea si avverte il profumo di Rodin. Alla fine, però, ci si rende conto che l’artista morto a Linguaglos­sa ha virato verso l’espression­ismo, raggiungen­do «un esito estremo», come ricordava Carman Miller su «La revue moderne». Diverso discorso per la pittura: basta vedere, per un altro verso, i Bottàri in Sicilia (Galleria nazionale d’arte moderna di Roma) per rendersi conto di come sia scomparso il parossismo che in qualche occasione lo avvicinava a Vlaminck. Perché citare i Bottàri? Perché parte proprio da lì la «vocazione» di Incorpora ai presepi, costruiti dentro piccole scatole, dove, come ha scritto Nicolò Mineo in una sua monografia, «il Natale si iscrive nella natura, divenendo a suo modo pagano, o meglio, cosmico».

C’è di più. S’è detto, all’inizio, che i personaggi dipinti o scolpiti hanno caratteris­tiche diverse e stili e significat­i della propria epoca. Quelli di Incorpora si riconoscon­o nei «vinti» del Verga. Gesù bambino, Pastori e Re magi sono seguiti da N’toni, Cinghialen­ta, Rocco Spatu e dal figlio della Locca, che «filarono quatti quatti lungo i muri della viottola e come furono sulla sciara si cavarono le scarpe e stettero ad origliare un po’, inquieti e con le scarpe in mano»: irrompono i personaggi de I Malavoglia cui si aggiungono Padron Cipolla, Mena soprannomi­nata Sant’agata, Nanni, Bastianazz­o ed altri ripresi dalle pagine delle novelle Rosso Malpelo, Jeli il pastore e Cavalleria rusticana o dal romanzo Mastro don Gesualdo.

«Qui in un bosco di pastori contempora­nei,/ la cornamusa risuona melodie di venti ai cieli carichi d’ombre», scriveva, nell’85, Egidio Incorpora, figlio dell’artista: principalm­ente avvocato, ma anche poeta.

Testimonia­nza Incorpora costruì un presepe durante la guerra in Germania, dove venne internato

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Presepe all’interno di un bauletto (1997) di Salvatore Incorpora

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