La piscina dei perdenti
Quarantenni in crisi, uniti dal nuoto sincronizzato Il regista Lellouche: prendo in giro i miti del successo
presente non esiste e il futuro è un buco nero, non resta che «fare splash». Tuffarsi in piscina come i nostri amici, sgambettare e saltellare a ritmo di musica, tentando di evocare i fasti di Esther Williams. «Un po’ di grazia, fate uscire la donna che è in voi» li esorta Delphine (Virginie Efira) bionda allenatrice anche lei prossima ad andare a pezzi. Quando dovrà ricorrere agli Alcolisti Anonimi, verrà sostituita dalla sua ex compagna di esibizioni acquatiche che un brutto incidente ha ridotto su una sedia a rotelle. Ma Amanda (Leila Bekhti), nonostante il nome e la menomazione, è una belva umana. Che di quella compagnia di mollaccioni fa polpette, stremandoli con vasche su vasche, piroette, tuffi, apnee a rischio infarto. Tanto che, esasperati, gli allievi si vendicano scaraventandola in acqua con tutta la carrozzella ma poi si riscattano iscrivendosi temerariamente ai campionati mondiali della specialità. La finale li porterà in Norvegia in una trasferta colma di sorprese.
«Stiamo vivendo un periodo strano, la gente è sempre più smarrita, ripiegata su se stessa. Abbiamo perso il senso della collettività. Uno sport di gruppo obbliga a faticare insieme per un obiettivo comune, a sostenersi a vicenda. E il tepore dell’acqua protegge dal mondo esterno, invita a confidenze». Certo il nuoto sincronizzato di solito è un’attività «al femminile». La solita scritta anonima taccia i nostri eroi come «froci». «Questo sport marginale mi pareva ideale per chi si sente emarginato. Per chi è abituato a esser criticato e malvisto, rompere un luogo comune è una prima rivincita». Sirenetti non si na- sce ma si può diventare. Sfatando la morale enunciata all’inizio del film, se sei tondo non diventerai mai quadrato e viceversa, i magnifici sette del sincrono acquatico dimostreranno che uniti si può. Farsi beffa dei pregiudizi, ritrovare un’identità, la fierezza di riuscire in qualcosa di speciale.
«Gran parte delle prodezze acquatiche sono state eseguite dagli stessi attori, che per mesi sono andati a lezione da una ex campionessa olimpionica francese. E alla fine erano davvero bravi». Due le proteste del cast: doversi depilare le gambe e che il regista non fosse in costume da bagno come loro. «Non mi vedevo proprio dirigere in slip» si difende Lellouche che pur non rinunciando al suo mestiere di attore, ha già in mente una nuova regia. «Un musical. Fuori dai canoni, naturalmente».