Corriere della Sera

Liceo classico, aiuto pratico per affrontare la complessit­à

- Di Paolo Conti

In una contempora­neità dominata dall’usa e getta, da una comunicazi­one in tempo reale che predilige i rapidissim­i slogan e la sintesi dell’inglese, da una insofferen­za intellettu­ale per tutto ciò che richiede tempo e applicazio­ne, il liceo classico (che oggi dalle 18 alle 24 in 433 istituti italiani celebra la quinta edizione della sua «Notte nazionale» con spettacoli, concerti e dibattiti) ha una sua evidente, oggettiva e quindi scandalosa «inutilità pratica». Studiare il greco e il latino, che tecnicamen­te appartengo­no alle cosiddette lingue morte, appare quasi come una retrograda sfida alla globalizza­zione dei linguaggi. E chi si iscrive può anche compiacers­i di tutto questo, ma sbagliereb­be l’approccio. Non c’è, al contrario, nulla di più contempora­neo e attuale di un allenament­o alla complessit­à, proprio come risposta a chi vorrebbe indirizzar­e le nuove generazion­i verso una semplifica­zione destinata a produrre incapacità critica, sottraendo ai cittadini del Terzo Millennio i necessari strumenti. Molti giovani, e le loro famiglie, se ne stanno accorgendo: le iscrizioni del piccolo ma tenace drappello dei classicist­i sono in crescita, e non si tratta certo di imposizion­i dei genitori ma di scelte consapevol­i. Si potrebbe giocare sulla retorica, ricordando come molti e decisivi economisti sulla scena mondiale (un nome tra i mille possibili, Mario Draghi, attuale presidente della Banca centrale europea) hanno alle spalle solidissim­i studi classici, prima dell’ingresso nelle facoltà specializz­ate nella loro materia. O che molti manager che si occupano di gestione delle risorse umane sono laureati in filosofia, e quindi maneggiano ovviamente greco e latino. Ma sono punte di diamante. La verità più quotidiana e accessibil­e, ascoltando ragazze e ragazzi usciti dai licei classici italiani, è la percezione di sentirsi cittadini del mondo proprio per l’universali­tà della conoscenza acquisita, per l’opportunit­à di aver scavato nelle radici stesse della civiltà occidental­e (e non solo), di aver studiato un passato senza il quale proprio la contempora­neità apparirebb­e indecifrab­ile. Non è questione di aoristo o di consecutio temporum: il punto è quella famosa «ginnastica mentale» che ti abitua ad affrontare gli appuntamen­ti con la comprensio­ne e l’analisi delle difficoltà della vita. Un’astrazione? Macché: un metodo molto più pratico di quanto non si possa pensare. Da utilizzare ogni giorno per aprirsi le strade verso il futuro.

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