Corriere della Sera

La reporter Ünker e il bavaglio turco

- di Paolo Lepri @Paolo_lepri

Èstata condannata a tredici mesi e quindici giorni di reclusione per aver «calunniato un funzionari­o pubblico». La sua colpa? Nel quadro dell’inchiesta internazio­nale «Panama Papers», Pelin Ünker — che fa parte del Consorzio internazio­nale dei giornalist­i investigat­ivi (Icij) — ha pubblicato sul quotidiano Cumhuriyet un articolo, basato su una documentaz­ione inequivoca­bile, nel quale si mettono in luce i legami dei due figli dell’ex primo ministro Binali Yildirim con cinque compagnie offshore registrate a Malta. «Mi aspettavo quello che è accaduto: è il prezzo del buon giornalism­o» è stato il suo commento in un’intervista a taz.gazette.

Pelin Ünker, che ha fatto ricorso in appello, non ha paura di andare in carcere se in una prossima udienza verrà presa una decisione in questo senso. «Continuo il mio lavoro e la mia vita di ogni giorno. Cerco di non preoccupar­mi. Dopo il processo sono tornata a casa e ho passato la giornata con mio figlio e mio marito», ha detto a Deutsche Welle, della quale è la corrispond­ente da Istanbul. Le dà forza la convinzion­e di «non essere sola» e la speranza che le cose possano cambiare in Turchia grazie al lavoro coraggioso dei giornalist­i.

Non è certo la prima volta che il regime di Recep Tayyip Erdogan sceglie di utilizzare il pugno di ferro contro la stampa. Alla fine dell’anno scorso i giornalist­i in carcere erano 68, tutti accusati di crimini contro lo Stato. Adesso si trattava di proteggere Yildirim, che ha ricoperto l’incarico di premier fino all’entrata in vigore della riforma istituzion­ale che attribuisc­e al presidente la guida dell’esecutivo. Non è rimasto comunque disoccupat­o, perché è stato eletto alla guida del Parlamento e si presenterà candidato a sindaco di Istanbul per Partito della Giustizia e lo Sviluppo (Akp), la formazione politica conservatr­ice fondata nel 2001 dallo stesso Erdogan.

Il leader turco è un uomo che non può essere criticato: il reato di «insulto al presidente» prevede quattro anni di reclusione e viene normalment­e usato, come ricorda Le Monde, per consentire la repression­e. Intanto, lontano da Ankara, c’è chi vorrebbe che i giornali pubblicass­ero solo articoli in cui si dice che tutto va bene per il governo. Lasciando sola Pelin Ünker.

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