«Led Zeppelin» compie 50 anni ma il Dirigibile non mostra i segni del tempo
Pensare che abbia compiuto mezzo secolo fa un po’ rabbrividire: perché pochi dischi (e pochi gruppi) sono invecchiati così bene da suonare ancor oggi modernissimi. Sì, «Led Zeppelin» , l’album eponimo della band, pubblicato negli Usa proprio il 12 gennaio 1969, non mostra i segni del tempo per complessità, armoniosità, varietà e volume. Tant’è che il rock oggi assai in difficoltà, perché insidiato da altre forme musicali, chiede ancora ai Led di indicargli la via, vedi il fenomeno nascente Greta Van Fleet, una copia carbone quasi dei quattro, leggendari, inglesi. Eppure, Jimmy Page forse non immaginava di aver sfornato una pietra fondativa del genere per come lo conosciamo oggi: la band l’aveva messa in piedi solo sei mesi prima, lui chitarrista scafato, sulle ceneri dei vecchi Yardbirds, ingaggiando nei pub di Birmingham Robert Plant e John Bonham. Oltre a una vecchia conoscenza, il versatile John Paul Jones: nascevano così i New Yardbirds. Dopo aver cambiato nome, si lanciarono prima in tour e poi pubblicarono il disco, come non accadrebbe mai oggi. Inaugurando simbolicamente gli anni 70: basta melensaggini, il volume sale a livelli mai visti, il blues dei neri diventa lisergico nelle mani dei Led e si dilata mischiandosi a vecchie formule folk. Il tutto trasfigurato da quattro individualità imbattibili ognuna nel suo genere, come poche altre band. Sì, il Dirigibile era partito. E nessuno l’avrebbe più fermato.