«Caro Giuseppe, un anno senza di te»
irreale. Io, più che viverlo l’ho lasciato passare, ho camminato ore pensandoti e ho visto le scritte sui muri della città. Parole d’amore per te, per ricordare la meraviglia che eri.
Caro Giuseppe, non ho avuto il coraggio di vendere la tua moto, e non ho buttato via le tue cose, il tuo letto. A volte dormo abbracciata al tuo cuscino... Ho nelle mani i tuoi vestiti, mentre scrivo. Ogni tanto annuso quel che resta della tua vita sui tessuti, sento il tuo profumo e mi sembra di averti ancora qui. Ricordo di quando mi chiedevi di stirarli bene, per favore, «che a fare il cameriere non si può andare con la camicia stropicciata».
Sai, amore mio, al tuo funerale c’è stata una ribellione morale in tutto il Paese. Mi sono sentita protetta dalla gente che ti ha amato, dall’ondata di solidarietà che ho ricevuto, da chi mi ha promesso che il tuo sacrificio non sarebbe stato invano.
Ma poi ho avuto tante delusioni, mi sono sentita abbandonata dalle istituzioni che avevano promesso tante cose — anche piccole, piccolissime — per dare una mano. E che invece sono sparite in fretta. Per esempio: sai quelle telecamere per rendere più sicura la zona del mio Centro antiviolenza? Non sono mai arrivate. E nemmeno la nuova sede, è arrivata. Ho riaperto dov’eravamo quando c’eri tu,