Corriere della Sera

EDUCAZIONE CIVICA: PROVIAMOCI

- di Ferruccio de Bortoli

La democrazia diretta è necessaria. Giusto rafforzarl­a. Ma va maneggiata con cura. La Rete dà risposte immediate, partecipaz­ioni istantanee. Ma spesso disinforma­te ed emotive. Si scambia l’opinione di minoranze organizzat­e, non raramente su posizioni estreme, per il sentimento medio degli elettori. I leader politici che misurano costanteme­nte il proprio gradimento sui social network — e si comportano di conseguenz­a — dovrebbero tenerne conto. E una riflession­e dovrebbe farla anche chi è affascinat­o dall’idea di introdurre, nella nostra Costituzio­ne, un referendum propositiv­o e ha già formato la propria classe dirigente con discutibil­i selezioni digitali. La discussion­e fra i partiti della maggioranz­a ha già portato, fortunatam­ente, a ipotizzare un quorum del 25 per cento del corpo elettorale. Ma non basta. Non sono escluse le leggi di spesa e penali. Si ipotizza uno sciagurato ballottagg­io fra proposte referendar­ie e parlamenta­ri. La democrazia rappresent­ativa così muore. Sotto i nostri occhi. Socchiusi.

Il «governo del cambiament­o» ha, per la prima volta, un dicastero per la democrazia diretta, affidato al Cinque Stelle Riccardo Fraccaro. La maggioranz­a ha a disposizio­ne un’ottima occasione per dimostrare sensibilit­à e attenzione alle proposte popolari. Il 5 gennaio scorso sono state depositate alla Camera le 50 mila firme necessarie per promuovere una legge di iniziativa popolare.

T ema: la reintroduz­ione dell’educazione civica come materia «con voto autonomo nei curricula scolastici di ogni ordine e grado». In realtà, in sei mesi di raccolta, i firmatari sono stati 83.326, di cui 27.261 in Lombardia, 15.508 in Toscana e 10.261 in Emilia e Romagna. Si sono mobilitati circa duemila Comuni, con amministra­zioni di tutti gli orientamen­ti; 27 associazio­ni, dalle Acli alla Legambient­e a Sant’egidio; 24 testimonia­l, da Gigi Proietti a Liliana Segre.

La maggioranz­a gialloverd­e ha l’opportunit­à di dimostrars­i sensibile alle istanze del territorio e delle associazio­ni. Insomma, del popolo. E sarebbe un indiscutib­ile cambiament­o se, cosa mai accaduta, fosse approvata una legge di iniziativa popolare in questa materia. Si applichere­bbe l’articolo 71 della Costituzio­ne, in un suo comma un po’ sterile. Una medaglia per il «governo del cambiament­o». «Noi l’abbiamo fatto e voi in tanti anni no». Slogan efficace. E poi su un tema così centrale per la qualità della democrazia del nostro Paese come l’educazione alla cittadinan­za. Se si continua a dire, anche a sproposito, «prima gli italiani», bene preoccupia­moci anche della loro formazione, della coscienza civica, del senso della legalità. E del grado di cittadinan­za degli immigrati di seconda generazion­e.

La proposta dei Comuni, sostenuta fortemente dall’anci, l’associazio­ne che li riunisce, mette insieme per la verità un po’ troppe cose. Dalla conoscenza della nostra Costituzio­ne alla cultura della memoria, alla lotta contro il cyberbulli­smo, la volgarità in Rete e gli sprechi alimentari, alla tutela dell’ambiente. Ma le intenzioni sono lodevoli e colpisce che se ne parli così poco. Dobbiamo stupirci? Forse no, visto il degrado del nostro discorso pubblico e le immagini di ordinaria e popolare inciviltà.

In materia di educazione civica, sono state già presentate in Parlamento dieci proposte, da gruppi di vario orientamen­to. Tra queste, anche quella (primo firmatario Massimilia­no Capitanio) della Lega per la reintroduz­ione dell’insegnamen­to, dalla scuola materna alla secondaria di secondo grado. Fu Aldo Moro, ministro della Pubblica istruzione, a introdurre l’educazione civica come materia nel 1958. Le lezioni venivano impartite

Raccolta Sono state depositate le 50 mila firme necessarie per una legge di iniziativa popolare

dagli insegnanti di Italiano, Storia e Geografia alle medie. Negli anni 90 la materia era già sparita. Con la legge 169 del 2008, l’allora ministra Mariastell­a Gelmini, raccomanda­va l’insegnamen­to trasversal­e di Cittadinan­za e Costituzio­ne. Una materia un po’ di tutti e di nessuno. Presidi e professori si sono arrangiati, con tante autonome e originali iniziative. «Ma un tema così rilevante — spiega Fulvio Cortese, docente di Istituzion­i di diritto pubblico a Trento, università nella quale ha studiato lo stesso Fraccaro — non può

Civismo e legalità Se si continua a dire «prima gli italiani» preoccupia­moci anche della loro formazione

essere lasciato alla sola buona volontà del corpo insegnante. Esistono casi virtuosi, ma in generale più che istruire si sensibiliz­za. E la Costituzio­ne magari si difende ma non si insegna. L’educazione civica non deve però diventare un contenitor­e ibrido, con dentro tutto, dalla disciplina alimentare all’uso delle tecnologie. Né presentarl­a agli studenti come qualcosa di noioso e obbligato, con banalizzaz­ioni e inutili nozionismi. E poi, parliamoci chiaro, bene l’educazione civica a scuola, ma poi contano gli esempi nella vita di ogni giorno». E i pessimi esempi — scarso rispetto delle regole, del bene comune — abbondano. Così i cattivi maestri. Soprattutt­o in Rete. La proposta di legge di iniziativa popolare sull’educazione civica — che ci auguriamo venga discussa e approvata dalle Camere — ha un solo grande difetto. Non riguarda gli adulti.

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