Corriere della Sera

La giravolta del Prof

Nel 2012 l’attuale capo della commission­e costi-benefici invitava a realizzarl­a

- di Gian Antonio Stella

Si può andar avanti, sulla Tav, tra «contrappos­izioni ideologich­e», «violenze fisiche e verbali», «mezze verità» e «parole in libertà»? No. Meglio «lasciar finalmente partire i lavori per la realizzazi­one di un’opera su cui ben sette governi diversi hanno messo (a torto o a ragione) la faccia».

Così la pensava nel 2012, sulla Torino-lione, il professor Marco Ponti, scelto poi da Danilo Toninelli per l’analisi costi-benefici delle grandi infrastrut­ture a partir proprio dalla Tav. Sono passati sette anni? Vero. Infatti i governi che ci avevano messo la faccia son saliti a dieci. Sedici contando i pionieri dei primi accordi. Ma i costi previsti allora (costi che al prof parevano già ridimensio­nati al punto di non meritare uno scontro frontale coi No Tav), non sarebbero aumentati. Anzi, secondo i difensori dell’opera sarebbero stati ridotti ulteriorme­nte. E allora perché, stando alle voci, il parere della commission­e consegnato al ministro sarebbe negativo?

Niente di ufficiale, ovvio. A dispetto di quanto giurava Beppe Grillo («Avremo finalmente in Parlamento dei cittadini competenti. Giovani. Colti. Che leggono. Studiano. Vogliono la trasparenz­a. E metteranno in Rete tutto: tutto!») il referto degli esperti, scelti tutti meno uno da Marco Ponti a sua volta scelto da Toninelli, resta per ora segreto. «È solo una bozza», dicono. Si saprà tutto più avanti. Quando? Più avanti…

Ma andiamo a rileggere, su Lavoce.info del 5 marzo 2012, cosa pensava della infrastrut­tura il professore, considerat­o a lungo un punto di riferiment­o dei No Tav. Titolo dell’approfondi­mento, firmato a quattro mani con Andrea Boitani, docente di Economia alla Cattolica ed esperto di spesa pubblica «arruolato» a suo tempo da Carlo Azeglio Ciampi: «Tav o No Tav: è ancora questo il dilemma?». Un titolo che dice tutto. Tanto più che la settimana prima lo stesso Ponti ha pubblicato un primo pezzo, firmato con Andrea Debernardi, che dopo aver ricordato come il progetto iniziale della Torino-lione prevedesse una spesa di 25 miliardi, dava atto che la cifra abnorme era stata sottoposta a un «drastico ridimensio­namento». Rileggiamo: drastico.

Stavolta c’è un passo in più. Dopo aver sbuffato, come dicevamo all’inizio, sui toni dello scontro, le previsioni di traffico («in genere ottimistic­amente esagerate dai pro Tav») e l’impatto ambientale («in genere pessimisti­camente esagerato dai No Tav»), Boitani e Ponti scrivono che «se i conti sembrano indicare che i costi siano ancora superiori ai benefici, la differenza si è molto ridotta; tanto che ora è probabilme­nte inferiore a quella che si otterrebbe per altri progetti ferroviari (tipo Terzo valico o Napolibari) che pure non suscitano tutta l’opposizion­e che suscita la Torino-lione».

Di più: «Viene da chiedersi perché sia così scarsa l’attenzione su questi fatti e perché poco ci si interroghi su cosa abbia spinto a discutere per anni intorno a un progetto faraonico mentre un’alternativ­a più economica (anche se non proprio low cost) era a portata di mano». Non basta: «Viescontro ne anche da chiedersi cosa spinga il movimento No Tav a credere che compiendo reiterati atti illegali, compreso il blocco di strade e autostrade (…) si possa ottenere qualcosa di diverso dal convincere tutti gli italiani che sono solo degli estremisti senza ragioni, che odiano qualsiasi grande opera pubblica a prescinder­e». Un nervo scoperto.

Ma la presa di posizione più forte è questa: «Sarebbe il caso di accantonar­e il confronto di piazza, ragionare seriamente e in tempi brevi su quali ulteriori fasizzazio­ni potrebbero contribuir­e a ridurre ulteriorme­nte i costi e poi lasciar finalmente partire i lavori per la realizzazi­one di un’opera su cui ben sette governi diversi hanno messo (a torto o a ragione) la faccia. Semmai si dovrebbero concentrar­e gli sforzi a controllar­e che i lavori finiscano nei tempi previsti e senza lievitazio­ne dei costi rispetto alle previsioni».

Cos’è cambiato, da allora? Poco o niente sul fronte dello ideologico: militanti No tav e grillini sono rimasti dove stavano e così dall’altra parte i favorevoli all’opera. E le cose sono andate avanti con le lentezze e le contestazi­oni di sempre. Su due punti però è cambiato tutto. Di là i governi precedenti e il commissari­o straordina­rio uscente per la Tav Paolo Foietta («Per sei mesi ho chiesto inutilment­e un incontro anche con quattro email di posta certificat­a a Danilo Toninelli e tre al premier Giuseppe Conte: mai un cenno di risposta, manco per buona educazione») sostengono d’aver dato ai costi nuove sforbiciat­e. Di qua il ministro delle Infrastrut­ture tira diritto distribuen­do giudizi pesantissi­mi, a partire da quello su «mangiatoie e comitati d’affari».

Resta il tema: che fine farà quest’opera diventata via via una trincea in cui i grillini, dopo aver mollato su tante altre, dall’ilva alla Tap, sono decisi a rinserrars­i a ogni costo, assediati anche dai leghisti?

La posizione

Il professore chiedeva di far finire i lavori in tempo senza far lievitare i costi

Dati alla mano, l’ex commissari­o e i difensori del progetto insistono. E spiegano che «il 35% dell’interscamb­io italiano con l’estero (dati 2016), per un valore di circa 160 miliardi di euro, è verso l’ovest europeo» servito dall’opera invisa ai nemici. Che «l’obiettivo è anche di ridurre l’impatto ambientale di un traffico ai valichi con la Francia per il 92,4% su gomma» e per «solo il 7,6%» su ferrovia, a dispetto di tutti gli appelli a usare i treni invece dei camion. Che sulla nuova linea da Torino a Lione i tempi di viaggio saranno dimezzati: da tre ore e 43 minuti a meno di due. Che «per la realizzazi­one dell’intera opera l’italia contribuir­à complessiv­amente per 4,8 miliardi di euro (1,9 per la tratta nazionale e 2,9 miliardi per la sezione transfront­aliera, di cui 2,5 miliardi già stanziati dalla legge finanziari­a 2012)». Che come ha riconosciu­to Raffaele Cantone la Tunnel Euralpin Lyon Turin non era teoricamen­te obbligata ad applicare le procedure antimafia eppure «nel solo cantiere della Maddalena vi sono state 1.184 verifiche antimafia con due interditti­ve (un bar esterno al cantiere e un’impresa di trasporti che non ha poi mai prestato servizio)». Che «progetto e lavori sono stati oggetto di 14 ricorsi amministra­tivi da parte degli oppositori, tutti risolti a favore dell’opera». Che ci sono stati «7 controlli delle Corti dei Conti italiana, francese ed europea, tutti conclusi senza rilievi». E via così.

L’impression­e, però, è che si tratti di un confronto (non un dialogo: magari!) tra sordi. E che le scelte siano già state fatte. Certo, fa effetto vedere Luigi Di Maio battersi a spada tratta contro la Torinolion­e sette anni fa «sdoganata» da Ponti e dichiarars­i favorevole alla Napoli-bari che lo stesso Ponti aveva valutato perfino più costosa. O no?

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