Reddito minimo, dopo un anno l’offerta di lavoro va accettata
Di Maio: il decreto sarà approvato giovedì
Due giorni fa aveva parlato di un possibile «nuovo boom economico». Ma ieri il vicepremier Luigi Di Maio si è fatto più prudente: «Non so se è in arrivo una nuova crisi, si parla di recessione. Ma il modo migliore per affrontare questo rischio è aiutare le fasce in difficoltà della popolazione». Dietro l’inversione a U del capo politico del Movimento 5 Stelle non ci sono solo le reazioni ai toni ottimistici che aveva usato proprio nel giorno in cui l’istat certificava il crollo della produzione industriale. Ma anche la consapevolezza che nelle prossime settimane potrebbero arrivare segnali tutt’altro che incoraggianti sull’andamento della nostra economia.
Sul calendario della politica c’è già una data cerchiata di rosso, il 31 gennaio. Quel giorno l’istat pubblicherà la stima preliminare sull’andamento del Pil negli ultimi tre mesi dell’anno scorso. Se, come probabile, ci dovesse essere il segno meno l’italia sarebbe ufficialmente in recessione. Il trimestre precedente, il terzo del 2018, aveva già fatto registrare un preoccupante meno 0,1%. E quando ci sono due trimestri consecutivi con il segno meno si parla tecnicamente di recessione. Non c’è propaganda politica che possa smentire questo fatto. Per il governo gialloverde, e per la tenuta dei rapporti tra i due azionisti della maggioranza, non sarebbe certo d’aiuto chiudere il primo anno alla guida del Paese con una nuova crisi, la terza nel giro degli ultimi dieci anni. Ma, purtroppo, i segnali negativi sono parecchi. Nelle sue pubblicazioni mensili l’istat ha già registrato un rallentamento dell’economia, frutto di un andamento poco incoraggiante a livello globale e della debolezza della domanda interna, cioè dei consumi. La lunga trattativa con Bruxelles sul disegno di legge di Bilancio, con tutte le incertezze che ha comportato, non ha certo incoraggiato gli operatori economici a spendere o a investire. E questo potrebbe pesare sul risultato dell’ultimo trimestre.
Non c’è solo il crollo dell’auto, non ci sono solo le difficoltà del manifatturiero e dell’agricoltura. Persino i settori di punta della nostra economia, quelli che finora ci hanno tenuto in piedi come l’industria farmaceutica, stanno rallentando. E proprio questo è in realtà il segnale più preoccupante. Difficile che la manovra appena approvata dal governo possa invertire la rotta. Di sicuro non nell’immediato. Quota 100, l’intervento sulle pensioni, non avrà effetti sulla domanda interna e quindi sull’andamento del Pil. Dovrebbe averne il reddito di cittadinanza, secondo il governo ogni euro speso dovrebbe generare 40 centesimi di domanda interna. Ma risultati si potrebbero vedere solo nella seconda parte dell’anno, sempre che ad aprile si parta per davvero come previsto.
Lo stesso Di Maio ha confermato che il decreto legge con le due misure, dopo gli stanziamenti previsti nella legge di Bilancio, dovrebbe essere approvato dal Consiglio dei ministri di giovedì prossimo. Nell’ennesima bozza c’è un’altra stretta proprio sul reddito di cittadinanza. Dopo un anno in cui si è entrati nel percorso del reddito di cittadinanza, «la prima offerta utile di lavoro congrua» che arrivi va accettata altrimenti si perde il sostegno. E questo a prescindere dal fatto che sia la terza oppure no, come invece avverrà nell’arco dei diciotto mesi. Il sussidio potrebbe essere pagato anche in forme diverse, ad esempio con un abbonamento ai mezzi pubblici. È saltato, ma potrebbe rientrare, il divieto di spendere il sussidio in giochi e scommesse. Mentre l’inps potrà scrivere ai destinatari del reddito, per avvisarli che ne hanno diritto.