Corriere della Sera

Cercando A due mesi dal sequestro in Kenya, annullati i cortei per la sua liberazion­e Le autorità italiane chiedono silenzio Ma su cosa stanno trattando?

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S tate zitti, se potete. Per il 20 gennaio, a due mesi dal sequestro di Silvia Romano in Kenya, un gruppo di uomini di buona volontà stava per organizzar­e un flash mob nelle città italiane. Tutti in strada, a chiedere solo una cosa: liberatela. Le adesioni si stavano accumuland­o, dalle «madamine» torinesi del Sìtav a personalit­à della cultura e dello spettacolo. Poi, lo stop: la famiglia di Silvia, cortese, preferisce il silenzio. La Farnesina, più decisa, lo raccomanda. Niente striscioni, nessuna fiaccolata, nemmeno pubbliche preghiere. Anche il presidente Mattarella, nel discorso di fine anno, ha evitato di citare la prigionia della 23enne milanese. Davanti alla Scala, i tremila scesi venerdì in piazza contro il decreto sicurezza si sono limitati a ricordare quel nome perso nel vento del bush — «piano piano scivola via», ha twittato qualcuno, «e la dimentiche­remo, povera ragazza» — uniti in un applauso al sindaco Giuseppe Sala. Null’altro.

Il silenzio è una strategia. Spesso giusta, com’è stato per molti ostaggi salvati da negoziati riservati e riscatti mai confessati. Talvolta inutile, come fu per il povero Giovanni Lo Porto, prima dimenticat­o e poi ammazzato per sbaglio da un drone americano sul confine afghano. O come stanno dimostrand­o i desapareci­dos ormai quasi persi nella memoria: il bresciano Sergio Zanotti, rapito fra Siria e Turchia nell’aprile 2016; il missionari­o cremonese Luigi Maccalli, preso in Niger lo scorso 18 settembre; padre Paolo Dall’oglio, sequestrat­o a Raqqa cinque anni e mezzo fa. Di questi italiani si torna a parlare solo quando ne rapiscono altri: il veneto Luca Tacchetto scomparso il 15 dicembre in Burkina Faso, con un’amica, o il bresciano Alessandro Sandrini (Turchia, ottobre 2016), oppure i napoletani Raffaele Russo, Antonio e Vincenzo Cimmino (Messico, gennaio 2018). Ma dal nostro governo viene chiesto a tutti i familiari, sempre, immancabil­mente, di tacere.

Per Silvia Romano, al silenzio italiano s’è contrappos­ta in queste settimane la loquela kenyota. Incontenib­ile, spesso Silvia fuori luogo. Dietro ogni Chi è svolta annunciata, ci s’è Le tappe

schiantati regolarmen­te sul

● Silvia muro del nulla: capi della polizia Costanza prodighi d’annunci («siamo Rapita la sera Romano, 23 vicini!»), di rassicuraz­ioni del 20 novembre anni, milanese, («è viva!»), d’indicazion­i («è dopo aver fatto ancora in Kenya!»), senza mai Silvia è stata rapita la un’esperienza un elemento di prova che andasse sera del 20 novembre dal di volontaria­to oltre il proclama. Investigat­ori villaggio di Chakama,

1 in Kenya ora rimossi, ora richiamati. nella contea di Kilifi, a l’estate scorsa, Qualche agente che circa 70 km da Malindi. ha deciso di consigliav­a, addirittur­a, di ricorrere La ragazza è stata cambiare vita e alla magia nera. Dispiego prelevata da 6 persone abbandonar­e il di droni che nessuno armate dalla baracca suo lavoro di ha mai visto, d’elicotteri che sede dell’ong Africa insegnante di decollavan­o solo per trasportar­e Milele, senza guardiani ginnastica le autorità locali. Decine artistica d’arrestati, rilasciati in poche

ore. L’ultima speranza d’una

● Da ottobre si «svolta» viene dalle parole del occupava di procurator­e di Nairobi, Noordin Agli annunci ottimistic­i bambini orfani Haji, che a una delegazion­e degli inquirenti kenioti a Chakama per italiana d’avvocati s’è limitato subito dopo il sequestro la ong Africa a manifestar­e l’intenzione sull’imminente

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Milele, piccola di «procedere in maniera liberazion­e della ragazza onlus nata nel più decisa» nelle ricerche. («abbiamo localizzat­o i 2012 con sede Stiamo a vedere. Per adesso, rapitori», «catturato uno nelle è emerso solo il pasticcio dei carcerieri»), è seguito campagne di delle indagini. Con cinquanta uno stallo: sarebbe stata Fano giorni di ritardo, le autorità si avviata una trattativa che vantano d’avere messo il coprifuoco dura ormai da settimane in un’area di 40mila km quadrati com’è la valle del fiume Tana, abitata qua e là solo da contadini e pastori, dominata da grandi clan familiari che diffidano della polizia e non si sognano proprio di rompere l’omertà. Gli investigat­ori sono sicuri che la banda non sia scappata in Somalia? Ci sono 700 km di confine e solo quattro punti di controllo, andare di là è la cosa più semplice. E infine: ricordate le foto segnaletic­he dei tre ricercati, «gli autori materiali del sequestro a Chakama», sui quali il governo africano aveva messo una taglia di quasi 25mila euro? Il figlio d’uno di loro dice che suo padre, Yusuf Kuno Adan, in realtà è morto sei mesi fa e ha mostrato in tv il certificat­o del decesso: non è detto che sia autentico, perché nei municipi kenyoti è facile pagare per avere simili documenti, ma la notizia è stata data dieci giorni fa e nessuno s’è preso la briga di smentirla o di confermarl­a.

Che cos’ha rallentato un caso che a novembre, mentre L’ultimo post La cooperante italiana Silvia Romano nell’immagine del suo profilo Facebook: è l’ultima caricata sul social dalla ragazza, il 17 novembre scorso, 3 giorni prima del suo sequestro esplodevan­o le polemiche pro o contro gli umanitari, tutti davano per quasi risolto? Aver individuat­o l’area della prigione, catturare uno dei carcerieri, tutto questo a un certo punto ha lasciato ipotizzare perfino un blitz imminente (per la verità temuto dal governo italiano, che non si fida molto della capacità delle forze speciali kenyote…). «Arrivano notizie incoraggia­nti», sorrise nell’immediato il ministro dell’interno, Matteo Salvini. Salvo smentire «seccamente» qualche giorno dopo le voci che circolavan­o a Nairobi, finite su un sito web: ottenuta la prova in vita dell’ostaggio e ricevuta una richiesta di denaro, ai nostri servizi sarebbe arrivato da Salvini in persona l’ordine di non pagare. «Non si parla di riscatto», la precisazio­ne del vicepremie­r. Chiarissim­o. Nessun blitz. Niente soldi. Ma allora su che cosa indagano, se stanno indagando? E che cosa trattano, se stanno trattando?

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Sul sito del «Corriere della Sera», aggiorname­nti e immagini sul caso della volontaria italiana rapita Corriere.it

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