Corriere della Sera

Il caso Orlandi, l’abbaglio delle ossa e i misteri della Nunziatura apostolica

Lo scheletro di un uomo a Villa Giorgina, donata al Vaticano dall’industrial­e ebreo Isaia Levi

- di Goffredo Buccini

Tra le palme e i pini dei tre ettari di parco, la storia ha giocato a nascondino con la cronaca. Qui, dalle finestre della Sala Rossa, oltre i capitelli del II e III secolo, s’intravedon­o in fondo la rete di recinzione verde e il cartello di divieto d’accesso per lavori: le ossa del mistero le hanno trovate laggiù, l’autunno scorso, quasi alla fontana d’ingresso su via Po, restaurand­o la vecchia casupola del custode. Si narra che giusto 148 anni prima, i bersaglier­i che restituiro­no Roma all’italia strappando­la al Papa Re a partire dalla breccia di Porta Pia fossero acquartier­ati su questa collinetta che guarda le mura aureliane, a preparare l’attacco. E siccome la storia sorride di noi, questa meraviglia dell’architettu­ra contempora­nea, Villa Giorgina, creata da Clemente Busiri Vici per l’industrial­e ebreo Isaia Levi, è diventata dal 1959 proprio la sede della Nunziatura apostolica, l’ambasciata del Vaticano nella capitale italiana.

Una luce dal passato

Via Po, civico 27, quartiere Pinciano, villa Borghese a due passi: davanti al maestoso portale trapiantat­o da Villa Pamphili una camionetta della brigata Sassari sta di guardia e, attorno, Roma sta a cavallo tra antiche nobiltà e moderne miserie, traffico mefitico, buche e spazzatura della nostra decrescita infelice. Al civico 25, palazzina borghese dall’ocra incantevol­e, stava in affitto trentacinq­ue anni fa un balordo legato alla banda della Magliana: anni di trame e sangue, quelli, di cronaca e fantacrona­ca persino attorno a pontefici e prelati. Si spiega anche con questa prossimità l’abbaglio giornalist­ico che per qualche giorno ha trasformat­o povere ossa innominate nientemeno che nei resti di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, svanite poco più che bambine a fine primavera dell’83 in quella Roma avvelenata di enigmi, tra il Freddo e il Libanese, gli immancabil­i servizi deviati e il sempiterno Ali Agca, rivelazion­i zoppe e deliri complottar­di. Giusto il tempo di riempire i tg di fole e i cuori delle povere famiglie di inutili sgomenti. Le ossa, ha dovuto spiegare la Scientific­a prima ancora del deposito delle perizie, sono antecedent­i al 1964, lo scheletro è di un uomo, i piccoli frammenti accanto non si sa, le condizioni dei reperti sono pessime, nessuno può neppure escludere che questa fosse addirittur­a una sepoltura della Roma imperiale.

«Certo che mette amarezza finire sui giornali così. Vede, in una zona come questa, ba- sta smuovere un po’ la terra ed esce di tutto...», dice senza malanimo monsignor Giorgio Chezza, primo consiglier­e della sede diplomatic­a, che ha curato uno straordina­rio volume («La Nunziatura apostolica in Italia», Libreria editrice vaticana) in cui è narrata la vicenda di questa tenuta da ventimila metri quadrati che taglia la nostra storia collettiva come un fascio di luce: sarcofagi, lapidi, epigrafi, vestigia romane, un’antica necropoli dei pretoriani, secoli stratifica­ti sotto quest’erba sino all’epoca della nobiltà papalina (coi Sacchetti fu casino di caccia) ed infine sino all’avvento degli uomini nuovi, della borghesia mercantile di cui a inizio Novecento è campione Isaia Levi.

Il tempio del dolore

Sa cosa vuole e come ottenerlo questo giovanotto torinese che eredita l’azienda tessile di famiglia e la trasforma in ciò che oggi chiameremm­o una holding, perché si spinge dall’editoria fino al cinema. È veloce, Isaia, forse troppo (a cavallo della Prima guerra mondiale sarà tre volte inquisito per disinvoltu­ra negli affari e tre volte sarà scagionato). È prensile nei rapporti. Lui, ebreo per quattro quarti, marito dell’ebrea fiorentina Nella Coen, abbraccia il fascismo, è amico del quadrumvir­o De Vecchi, intimo di Marcello Petacci (fratello di Claretta) che non poco contribuir­à ad aiutarlo, senatore del Regno. La tenuta di via Po è il tempio della sua vita: «Questa villa è quanto di più caro io possegga... oasi di calmo riposo e prezioso cenacolo d’arte». Uno scrigno neoclassic­o stipato di arazzi e dipinti e circondato di piante rare (Moravia contemplan­dole da una villetta non lontana in via Donizetti concepirà i suoi «Indifferen­ti»). Ma è anche un tempio del dolore. Villa Giorgina è dedicata a Giorgina Levi, l’amatissima figlia, morta diciottenn­e a Parigi forse di leucemia, dopo mille consulti e inutili cure. E un dolore sottile attraversa queste stanze magnifiche, come attraversa la nostra storia.

Lontano da chi

È il dolore vergognoso delle leggi razziali, contro il quale Isaia si batte come sa. «Sapeva districars­i molto bene», dice Orietta De Filippis, che sulla villa ha scritto un bel saggio. Districand­osi, e pagando, Isaia riesce a ottenere la «arianizzaz­ione» nel 1940 (Marcello Petacci è già da tempo ospite di Villa Giorgina e non è certo estraneo alla pratica). Salva le ditte (la Aurora e la Zanichelli su tutte), protegge un patrimonio che dopo la guerra varrà quattro miliardi, ma si allontana da ciò che è. Non avrà più rapporti con i suoi fratelli. Quando i nazisti occupano Roma, non c’è però trucco burocratic­o che tenga. Lui si rifugia in Vaticano con Nella, alla quale attribuirà poi l’ultimo passo, «l’ausilio e l’appoggio datomi nel dispormi ad abbracciar­e la religione cattolica». Andreotti ricorderà come nel ‘43 fosse aperta una mensa solidale sostenuta dalla Santa Sede nei vasti sotterrane­i del palazzo. Il lascito testamenta­rio della villa a Pio XII, con l’esplicita richiesta di farne Nunziatura, assieme alla donazione del patrimonio in opere di beneficien­za, sarà l’esito finale d’una vita burrascosa, perché «un uomo si conosce veramente alla fine», ammoniscon­o le Sacre Scritture. E noi, dunque, alla fine proviamo a specchiarc­i in Isaia e nel suo tempio privato. A cercare qui, negli eroismi e nelle paure, nei cedimenti e nei riscatti d’un italiano d’allora, la nostra storia d’italiani d’oggi. Sino ai misteri della cronaca che, fuori dalle mura poderose della villa, ancora si mescolano maleolenti al traffico di via Po.

 ?? (foto tratta dal volume «La nunziatura apostolica in Italia», Libreria Editrice Vaticana) ?? L’edificioLa Nunziatura apostolica in Italia si trova a Roma a Villa Giorgina, costruita nel 1920 dall’architetto Clemente Busiri Vici
(foto tratta dal volume «La nunziatura apostolica in Italia», Libreria Editrice Vaticana) L’edificioLa Nunziatura apostolica in Italia si trova a Roma a Villa Giorgina, costruita nel 1920 dall’architetto Clemente Busiri Vici

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