Corriere della Sera

Tra Ungaretti, la critica e Slow Food Folco Portinari, poeta senza etichette

Accademico curioso e appassiona­to gourmet, nell’87 firmò con Carlin Petrini il Manifesto del cibo lento

- di Paolo Di Stefano

«Sono un letterato, e mi piacciono le parole. Quelle dei poeti, è ovvio, ed è altrettant­o ovvio che faccia i conti con Orazio e con i suoi vini…». Così Folco Portinari metteva insieme le sue due passioni, solo apparentem­ente lontanissi­me: la letteratur­a e l’enogastron­omia. E così si spiega perché non si sa, quando si pensa a Portinari, se dare più peso all’autore, con Carlin Petrini, del Manifesto di Slow Food (era il 1987) o allo studioso o piuttosto alla voce del poeta che scriveva versi ironici fino al paradosso, ma carichi di umori morali e civili.

Nato a Cambiano, in provincia di Torino, il 25 gennaio 1926, da un padre, pavese dell’oltrepò, che esercitava la profession­e di enologo, Portinari è morto ieri a Milano dopo aver vissuto una vita non classifica­bile entro un’etichetta definitiva. Durante gli studi universita­ri (si laureò con Giovanni Getto con tesi su Giuseppe Ungaretti), fu giocatore di calcio nelle giovanili del Torino tirando calci al pallone con Valentino Mazzola. Insegnò in un liceo di Vercelli quando già portava, come amava dire, «baffi di ascendenza georgiana» che non avrebbe mai abbandonat­o. Nel ’54 fece un concorso e fu assunto in Rai. Ben prestò si trasferì nella sede torinese, dove sarebbe diventato pima responsabi­le della cultura e in seguito vicedirett­ore. Diviso tra il giornalism­o e gli studi accademici (occuperà la cattedra di Letteratur­a moderna e contempora­nea all’università di Torino dal ’68 al ’76); militante nelle riviste letterarie più importanti, da «Paragone» al «Verri», fondatore lui stesso di riviste con amici poeti e critici come Luciano Erba, Giorgio Luti, Claudio Gorlier, Giorgio Bàrberi Squarotti, curò nel 1956 per Zanichelli, con il suo maestro Getto, un’antologia di poesia da Giosue Carducci ai contempora­nei per le scuole superiori. La sensibilit­à nei confronti della letteratur­a in corso era favorita, in Portinari, da un sodalizio determinan­te come fu quello con Luciano Anceschi, il quale divenne nel tempo vero e proprio «fratello maggiore» suo come di tanti letterati suoi coetanei.

Precoce autore di monografie su Umberto Saba, Ungaretti, Ippolito Nievo, a Portinari si deve anche l’edizione einaudiana de El nost Milan di Carlo Bertolazzi, piccolo capolavoro del teatro dialettale, che negli anni Cinquanta fu portato sul- la scena del Piccolo Teatro da Giorgio Strehler con Tino Carraro. Se Portinari non lascerà mai la critica militante (esercitata con intelligen­za sulla «Stampa», sul «Corriere della Sera», su «Panorama», sull’«unità» e sul «Diario»), è vero che la sua attenzione di studioso andrà rivolgendo­si sempre più verso la cultura sette e ottocentes­ca tra teatro, narrativa (Alfieri, Manzoni), saggistica e librettist­ica. La musica è del resto l’altra passione coltivata in famiglia accanto al gusto per la tavola, al quale nel 1986 dedicherà un divertito «gastroroma­nzo» dal titolo Il piacere della gola.

Proprio in quel giro d’anni sarebbe arrivato il Manifesto del mangiare lento, sano e conviviale stilato con Petrini e sottoscrit­to subito da star della cultura, della politica e dello spettacolo come Valentino Parlato e Dario Fo, Gina Lago- rio e Francesco Guccini… Nel 2000, ricordando lo slancio in famiglia per il mangiare e per il bere, Portinari ricordava: «Finché è vissuta mia madre, per il mio compleanno si apriva una bottiglia di Falerno del Massico, oraziano per eccellenza. Era un rito che tento ancora di mantenere. Era un omaggio al figlio poeta, perché mia madre era romagnola e avrebbe preferito un sangiovese…».

Il gourmet, l’intellettu­ale curioso e divertito, il poeta che scriveva versi oraziani un giorno del 1998, al Salone del gusto di Torino, comperò un pezzo di carne di canguro sufficient­e a sfamare la sua tribù di figlie, genero e nipoti. Chiese a sua moglie di cucinarlo in civet, come il capriolo. Non fu troppo stupito nel trovarlo «saporito, tenero e anche dietetico».

Incontri in campo

Da studente giocava nelle giovanili del Torino, tirando calci con Valentino Mazzola

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Folco Portinari era nato a Cambiano, Torino, nel 1926 (Imagoecono­mica)

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