Applausi e sold out sono assicurati con «La traviata» di Liliana Cavani
Il botteghino scaligero ha di che sorridere perché anche quest’anno La traviata fa il tutto esaurito e si suppone che lo farà nelle 11 repliche previste. E se la messinscena è quella storica di Liliana Cavani (oltre 70 recite dal 1990 a oggi), c’è curiosità per la presenza di Myung-whun Chung sul podio e di Marina Rebeka come protagonista, affiancata da un Francesco Meli in gran forma e dall’usato (abbastanza) sicuro di Leo Nucci. Il soprano lettone non delude. Conferma che la sua ascesa poggia su solide basi tecniche. La voce è duttile, chiara, intonata. Quanto a presenza scenica e stile non potrà invece che migliorare, se è vero che è un po’ statica e che indulge oltre misura nelle «fermate». Lecito invece attendersi più mordente e più esattezza «grammaticale» dalla prova di Chung. Ma questa Traviata, non sostenuta da accompagnamenti vividi, fatica a camminare perdendosi in lungaggini di tempo di cui non si riesce a cogliere la necessità. Sembra un’esecuzione non ancora a punto, non del livello che garantisce un musicista come Chung. La messinscena si fonda più che altro sulla magniloquenza delle scenografie. È tradizionale, illustrativa e produce un certo effetto spettacolare presso la consistente parte di platea che non l’ha già visto. Compiace il pubblico tradizionalista, quello che fischierebbe il regista moderno che decidesse che Violetta riceva Germont in camera da letto, col letto ancora sfatto. Ma che non obbietta nulla se la trovata è opera di Liliana Cavani.