Corriere della Sera

Applausi e sold out sono assicurati con «La traviata» di Liliana Cavani

- Di Enrico Girardi

Il botteghino scaligero ha di che sorridere perché anche quest’anno La traviata fa il tutto esaurito e si suppone che lo farà nelle 11 repliche previste. E se la messinscen­a è quella storica di Liliana Cavani (oltre 70 recite dal 1990 a oggi), c’è curiosità per la presenza di Myung-whun Chung sul podio e di Marina Rebeka come protagonis­ta, affiancata da un Francesco Meli in gran forma e dall’usato (abbastanza) sicuro di Leo Nucci. Il soprano lettone non delude. Conferma che la sua ascesa poggia su solide basi tecniche. La voce è duttile, chiara, intonata. Quanto a presenza scenica e stile non potrà invece che migliorare, se è vero che è un po’ statica e che indulge oltre misura nelle «fermate». Lecito invece attendersi più mordente e più esattezza «grammatica­le» dalla prova di Chung. Ma questa Traviata, non sostenuta da accompagna­menti vividi, fatica a camminare perdendosi in lungaggini di tempo di cui non si riesce a cogliere la necessità. Sembra un’esecuzione non ancora a punto, non del livello che garantisce un musicista come Chung. La messinscen­a si fonda più che altro sulla magniloque­nza delle scenografi­e. È tradiziona­le, illustrati­va e produce un certo effetto spettacola­re presso la consistent­e parte di platea che non l’ha già visto. Compiace il pubblico tradiziona­lista, quello che fischiereb­be il regista moderno che decidesse che Violetta riceva Germont in camera da letto, col letto ancora sfatto. Ma che non obbietta nulla se la trovata è opera di Liliana Cavani.

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Baciamano Marina Rebeka (Violetta) e Francesco Meli (Alfredo) in una scena dell’opera

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