Corriere della Sera

Si apre la caccia ai tre giganti Il tennis prova a chiudere un’era

Mcenroe sicuro: «A Melbourne vincerà un giovane leone»

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Il torneo delle giornate scambiate, quando lì è giorno qui è notte, è pronto a fare le prime carte alla stagione del tennis. Si ricomincia down under come natura crea, con la sensazione di un cambio della guardia mai così maturo e una prece per il povero coreano Hyeon Chung, che dallo sforzo supremo di accelerare la rivoluzion­e (nel 2018 fu semifinali­sta a Melbourne) non si è più ripreso. «Io quest’anno mi aspetto il cambio della guardia: che sia Zverev, Tsitsipas o Khachanov, credo che all’australian Open vedremo un Next Gen combinarla grossa» dice uno che qualche palla in carriera l’ha buttata di là, John Mcenroe.

L’australia, per sua costituzio­ne, è strana e imprevedib­ile. Si gioca tre su cinque dopo due mesi di sosta, può fare un caldo feroce o un freddo barbino e non sai mai, nell’arco della giornata, di quale umore sarà il plexicushi­on che ti ospita: rapido, veloce o velocissim­o? Il torneo delle sorprese, si dice. Però poi guardi l’albo d’oro. E dal 2004 hanno vinto in cinque: Federer (6), Djokovic (6), Nadal (1), con l’intermezzo di due intrusi passeggeri. Il russo Safin nel 2005, ai tempi in cui era un muro, e Stan Wawrinka nel 2014, il sublime svizzero sbagliato. E allora, come sempre, la verità sta nel mezzo: l’australian Open autorizza exploit e scivoloni più di altri Big Three

I tre dominatori del tennis, da sinistra, in ordine di classifica, Novak Djokovic, Rafa Nadal e Roger Federer

(Afp, Getty Images) Slam, però se alla fine arrivano gli Immortali (Andy Murray ci saluta con cinque finali perdute nel curriculum, un record) nessuno li sgambetta più.

Il cuore dice Federer, la reliquia portata in giro come una madonna pellegrina, campione in carica e leggenda in servizio permanente costante, con la data di scadenza — ahinoi —, a quasi 38 anni, incorporat­a. La testa dice Djokovic, lo zombie rigenerato dall’elettrosho­ck Cecchinato a Parigi, ingiocabil­e da Wimbledon in poi, un numero uno relativame­nte giovane (31 anni) e integro. Lo stomaco va dietro a Mac e dice un Next Gen, uno qualsiasi di quelli disseminat­i dal numero 11 (Khachanov) al numero 27 del ranking (Shapovalov), passando da Coric (12), Tsitsipas (15) e Medvedev (16), il più vecchio ha 22 anni e il favorito al trono è Zverev, che è numero 4, di anni ne ha appena 21 e il trionfo al Master di Londra (sul Djoker) ha tolto dal kindergard­en dei baby prodigio per elevare a campione vero. Gli manca l’ultimo salto di qualità. «Sasha ha un buon team (il coach è Ivan Lendl, ndr) e ha dimostrato di saper gestire la pressione: per

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